I dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps pubblicati ieri hanno confermato un boom delle conversioni dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. A questo fenomeno si deve la gran parte dell’aumento dei contratti registrato a giugno: 321.805 contratti stabili, più 150,7% rispetto allo stesso periodo del 2018. I dati vanno tuttavia considerati rispetto all’interezza del settore privato dove le accensioni dei contratti sono state oltre 3,7 milioni, a fronte di 2,9 milioni di cessazioni. Il saldo è positivo: 824.286 rapporti di lavoro, considerando tutte le tipologie dai fissi agli stagionali. Sull’anno si nota un chiaro rallentamento rispetto al saldo di oltre 923 mila dei primi sei mesi dell’anno scorso (-10,7%). Rispetto all’entusiasmo consueto dell’attuale ministro del lavoro Di Maio, che ha attribuito questo aumento al suo «decreto dignità», ci vuole maggiore prudenza. I dati vanno infatti considerati accanto a quelli sull’aumento della cassa integrazione, sintomo del persistere delle crisi occupazionali in Italia. A luglio le ore di Cig sono state 19,1 milioni, in aumento del 33,5% rispetto allo stesso mese del 2018. Insieme al rallentamento nelle nuove attivazioni di rapporti di lavoro rispetto al primo trimestre 2018, e al calo complessivo dei lavoratori dipendenti, questi sono segnali di stagnazione. «Emerge una condizione di estrema sofferenza del mercato del lavoro e un preoccupante rallentamento dopo la fragile ripresa dei mesi scorsi» è l’analisi di Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil. «È evidente la debolezza degli incentivi alle assunzioni che sono stati solo in minima parte determinanti per le attivazioni dei contratti a tempo indeterminato». «Sono numeri significativi, ma che vanno letti in filigrana quelli diffusi dall’Inps sul mercato del lavoro», ha confermato il segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra. Per i sindacati servono politiche economiche che mettano al centro investimenti pubblici e privati, il rilancio dell’occupazione stabile e di qualità, e una politica fiscale che restituisca potere d’acquisto a lavoratori e pensionati.