A dodici giorni dallo schianto nel Mar Mediterraneo dell’Airbus della EgyptAir non si hanno ancora elementi concreti che ne spieghino la repentina caduta. Si resta in attesa di recuperare la scatola nera alla cui ricerca partecipano compagnie europee e marina egiziana. Ieri la nave francese Laplace, equipaggiata con speciali strumentazioni, ha individuato segnali mandati da una delle scatole nere: «Il rilevamento di quel segnale è un primo passo», commenta la Bea, l’agenzia francese per l’aviazione.

Nel frattempo la nave della compagnia privata Dos, incaricata di ritrovare la scatola nera, sta inviando a 3mila metri di profondità un robot in grado di individuare l’Airbus. L’aereo non è stato ancora localizzato e, eccezion fatta per pochi rottami, qualche valigia e resto umano, nulla è riemerso: né il veivolo né i corpi delle vittime dello schianto.

Di tempo ne resta poco: secondo gli esperti, la scatola nera è in grado di emettere segnali e essere ancora leggibile solo per 30 giorni. La speranza è che il suo ritrovamento possa dissipare i dubbi che aleggiano sulla caduta: in assenza di rivendicazioni l’ipotesi terrorismo – subito indicata come la più probabile – si indebolisce. Nonostante il fuoco che si sarebbe sviluppato a bordo un’esplosione interna non è comprovata da prove certe. Allo stesso modo la perdita di quota, avvenuta in pochi minuti, la repentina scomparsa dai radar e il fulmineo inabissamento non rendono credibile l’incidente o l’errore umano.