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Sedici ribelli impiccati in carcere. Riformisti ancora nel mirino

Sedici ribelli impiccati in carcere. Riformisti ancora nel mirino – Reuters

Iran Nonostante le aperture promesse da Hassan Rohani

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 27 ottobre 2013

È di 16 il numero di ribelli impiccati nella regione sud orientale dell’Iran, il Sistan e Baluchistan. Secondo la stampa filo-governativa, si tratta di una ritorsione avvenuta in seguito alla morte di 14 guardie doganali e al ferimento di altre forze di sicurezza dello scorso venerdì. Anche l’avvocato generale del capoluogo Zahedan, centro noto per il traffico di oppio proveniente dall’Afghanistan, ha assicurato che l’esecuzione ha coinvolto ribelli «legati a gruppi ostili al regime». L’impiccagione è avvenuta nella prigione di Zahedan, a pochi chilometri da Savaran, dove le guardie erano state uccise. Secondo la stampa indipendente, si è trattato di una vera e propria ritorsione dimostrativa, come spesso avviene in Iran, perché gli uccisi non avrebbero avuto nessun legame con l’incidente frontaliero. Molti hanno sottolineato che i condannati erano già in prigione quando l’attacco di Savaran è avvenuto.

Il primo a stigmatizzare l’accaduto come opera della guerriglia «anti-rivoluzionaria» è stato il parlamentare locale Hedayatollah Mirmoradzehi. La versione ufficiale parla di ribelli che hanno attraversato il confine pakistano e che sono rientrati nel paese dopo aver attaccato i sepah e-pasdaran. Nella regione operano anche gruppi indipendentisti baluchi, da mesi poco attivi. Del caso si occuperà una commissione parlamentare, ma già emergono alcune possibili piste che portano al gruppo armato sunnita Jundallah e al movimento ribelle Jeish al Adl, notizie non confermate da fonti ufficiali. La televisione di stato Irna ha parlato di «banditi», ma senza chiarire se fossero contrabbandieri o gruppi dell’opposizione armata. La minoranza sunnita in Iran denuncia da sempre un trattamento discriminatorio da parte delle autorità sciite. Non solo, negli ultimi anni, le autorità hanno incrementato i controlli sul contrabbando tra i due paesi. E così almeno 4mila tra poliziotti e guardie sono stati uccisi in vari attacchi alla frontiera.

Come se non bastasse, nonostante le aperture promesse dal nuovo presidente Hassan Rohani, le figure riformiste continuano a essere detenute in Iran. La figlia del politico Hossein Mussavi ha denunciato di essere stata picchiata da una poliziotta al termine della sua visita al padre, agli arresti domiciliari dal 2011. La testimonianza di Nargess Mussavi è apparsa sul sito del movimento di opposizione Kaleme. D’altra parte, dopo quasi quattro anni in prigione, il leader del movimento studentesco iraniano, Majid Tavakoli, ha ricevuto il permesso temporaneo di lasciare il carcere per quattro giorni. Tavakoli era finito in prigione nel dicembre 2009, nelle proteste contro la rielezione dell’allora presidente Mahmoud Ahmadinejad. Laureando in costruzione navale, era stato arrestato durante la giornata nazionale dello studente dopo un discorso alla Facoltà di Tecnologia dell’Università Amirkabir di Tehran. Tavakoli è stato condannato a otto anni e mezzo di reclusione che sconta nel carcere di Karaj, nel nord dell’Iran, con l’accusa di aver attentato alla sicurezza nazionale e insultato la Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei.

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