«Nessun rilievo penale» può essere mosso alla Sea Watch 3 per avere salvato i 47 migranti in mare, tra cui quindici minorenni, e neppure per avere scelto di fare rotta verso la Sicilia. A valutare la correttezza dell’equipaggio della nave, sulla base degli elementi raccolti dagli investigatori, è Carmelo Zuccaro, capo della Procura di Catania, che tuttavia ha aperto un fascicolo contro ignoti ipotizzando l’associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Chi abbia commesso il reato rimane la grande incognita, considerato che il procuratore scagiona del tutto l’equipaggio della Ong tedesca.

La nave, battente bandiera olandese e rimasta in mare 19 giorni prima dell’autorizzazione all’approdo a Catania, resta però ancora nel porto alle falde dell’Etna, perché la procura ritiene che si ci siano «dati significativi sull’inidoneità tecnico strutturale della nave a effettuare un’attività sistematica di soccorso in mare» sollevando 32 anomalie riscontrate in seguito ai controlli della guardia costiera. Insomma, Sea Watch ha fatto bene a salvare i migranti ma non può navigare con la missione precisa di soccorrere naufraghi perché lo scafo non sarebbe idoneo.

Dai pm comunque non è arrivata alcuna richiesta di sequestro, nonostante qualche giorno fa il ministro degli Interni Matteo Salvini avesse affermato: «Mi risulta che ci siano più elementi di irregolarità nella Sea Watch: col mare in tempesta invece di andare in Tunisia sono venuti in Italia». Ma la ricostruzione della Procura smentisce il capo del Viminale. Per Zuccaro il soccorso è stato legittimo perché «il gommone», sul quale si trovavano le 47 persone, «era a rischio affondamento» e nella zona di intervento «da due giorni nessuna motovedetta libica è intervenuta». Il mancato approdo in Tunisia, spiega il magistrato, è «una scelta giustificata» dal maltempo e dal rifiuto del paese nordafricano di concedere porti alle navi Ong neppure per fare rifornimenti. La stessa marina olandese aveva chiesto alla Tunisia di dare assistenza alla Sea Watch, ma senza ricevere risposta. Per questo, osserva Zuccaro, «non può pertanto ritenersi ingiustificata la scelta del comandante della motonave di dirigersi verso nord alla ricerca di un porto sicuro».

Per la Ong tuttavia «non si tratta di una vittoria», perché «mai si dovrebbe verificare un tale accanimento contro chi svolge nelle migliori intenzioni un’attività umanitaria che cerca di colmare il vuoto lasciato in un’area dove le persone continuano a morire affogate, quando non sono ricondotte alle terribili vessazioni che trafficanti, aguzzini e carcerieri infliggono loro in Libia.

Rispetto alle «anomalie» contestate dai pm, la Ong chiarisce che «nessuna nave, di soccorso e non, indipendentemente dalla sua registrazione, è preposta alla permanenza a bordo per lunghi periodi dei naufraghi soccorsi». «Nel caso specifico, in data 24 gennaio, la Sea-Watch 3 – sottolinea la Ong – comunicava l’intenzione di dirigersi verso il porto di Siracusa proprio per via della condizione di precaria sicurezza a bordo legata alla situazione di rilievo umanitario risultante dal soccorso e protratta per via della mancata assegnazione di un pos. Tale richiesta ha ricevuto un diniego immotivato da parte delle autorità italiane, che l’hanno quindi deliberatamente costretta a restare in mare, all’ancora, a un miglio dalla costa, per 7 giorni».

Per Nicola Fratoianni (Leu) le valutazioni dei pm «smentiscono i proclami del governo» e dovrebbero indurre «Salvini e Toninelli a chiedere scusa e a nascondersi per la vergogna», mentre per il presidente del Pd, Matteo Orfini, adesso «la stessa verifica deve essere fatta sull’operato di Salvini e del governo, invece di scappare dal processo». Medici senza frontiere intanto conferma che i 32 migranti maggiorenni sbarcati dalla Sea Watch «sono stati per due anni prigionieri in Libia in condizioni disumane» e che in «molti mostrano evidenti segni di violenza e tortura».

Il meccanismo di assegnazione ai sette Paesi europei che hanno accettato di diversi la loro accoglienza non ha iter veloci. I precedenti parlano di tempi lunghi, come già accaduto a Pozzallo e a Malta per altri due casi del genere, dove ci sono ancora migranti in attesa di essere trasferiti. Saranno le commissioni di ciascun Paese a stabilire la loro idoneità, cosicché i migranti rimangono al momento dell’hotspot di Messina. Ieri Rossella Muroni, deputata di LeU, ha visitato l’hotspot. «Le persone accolte nel centro di Messina possono cominciare a uscire – dice Muroni – Nulla si sa però sulla loro destinazione. Ed è su questo che chiederò formalmente accesso agli atti. L’Italia deve tornare a essere un Paese civile dove valgono i diritti e l’umanità resta un dovere».