«Turisti a pagamento»: ecco come il vice premier Matteo Salvini definisce donne incinta, violentate nei campi libici dai trafficanti, minori e neonati, che tentano di raggiungere l’Europa a bordo dei barconi.

Per il capo del Viminale, impegnato nella campagna elettorale per le europee, è questa la definizione giusta per chi fugge da paesi in guerra o dalla fame rischiando la vita attraversando il Mediterraneo. Salvini rimarca la linea del governo proprio mentre la Sea Watch 3 lancia il grido d’aiuto per i 65 migranti soccorsi in mare.
L

’imbarcazione si sta dirigendo verso nord, con a bordo anche due neonati di meno di sei mesi, un disabile e alcuni migranti con ustioni gravi. «I 65 naufraghi hanno bisogno di un porto sicuro ora», è l’appello della ong tedesca. Finora caduto nel vuoto.

Né l’Olanda, Stato di bandiera della nave, né l’Italia, né Malta «ci hanno fornito supporto o indicazioni. Ancora una volta, siamo soli». Un appello che sbatte sul muro eretto da Salvini: «I porti sono e rimangono chiusi a barchini, barconi e barchette». «Io i porti li apro ai pescatori e ai pescherecci pugliesi, ai turisti che pagano», reagisce il ministro degli Interni. E «non ai turisti a pagamento».

«Noi ci siamo riempiti di turisti che invece di pagare sono pagati per fare i turisti – è la reazione nervosa del vice premier – Poi mi dicono, che no, sono donne e bambini che scappano dalla guerra. Io andavo in questi centri, mi ricordo in Sicilia: erano tutti ragazzi trentenni robusti, col capellino, telefonino, cuffiette all’ultima moda e scarpe da tennis».

Il vice premier non molla. Ma questa volta si scontra anche con gli “alleati” libici, che mettono in mostra i muscoli. E attaccano la ong tedesca, colpevole di aver fatto tutto da sola.

Secondo la ricostruzione libica, all’alba di ieri la Sea Watch 3, che il giorno prima ha salvato i migranti a 30 miglia dalle coste libiche, è stata avvicinata da una motovedetta del Paese nordafricano, che ha intimato al comandante di allontanarsi dall’area. La nave umanitaria, sostiene il portavoce della marina libica Ayob Amr Ghasem, non avrebbe avvertito le forze di Tripoli del salvataggio che stava compiendo e quindi ora è responsabile della sorte dei migranti.

«Se ci avesse avvertito – sostiene Ghasem – li avremmo salvati immediatamente, ma ci ha comunicato l’informazione solo dopo aver fatto scendere i propri gommoni in mare. È dunque Sea Watch a essere responsabile di loro e non noi».

Peraltro, aggiunge l’ufficiale libico, «Sea Watch non cessa di ripetere questo schema malgrado i nostri avvertimenti. Non ha assolutamente diritto di operare in quest’area». Un monito che arriva da un Paese in guerra, dove regna il caos.

Rotta verso nord, dunque, per la nave con la bandiera dell’Olanda. E le possibilità sono due: o entra in acque italiane o in quelle maltesi. Con entrambi i Paesi – contrari ad accogliere i naufraghi – ci sono stati bracci di ferro nei mesi scorsi. Salvini minaccia la Sea Watch, diffidandola dall’entrare nelle acque territoriali. E per rafforzare il concetto ha firmato una nuova direttiva invitando le forze di polizia a intimare l’alt alla nave nel caso provi a entrare in area italiana.

Rotta verso nord ma non c’è molto tempo da perdere. «Il nostro team medico a bordo – riferisce la ong – riporta casi di ustioni gravi dovuti alla miscela di carburante e acqua del mare. Ci aspettiamo che lEuropa ci assegni un rifugio sicuro ora».

Matteo Orfini (Pd) si rivolge al presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Lei ha giurato di essere fedele ai principi della nostra Costituzione, non a Salvini: apra subito i nostri porti». Il senatore dem Edoardo Patriarca chiede al Viminale di far «verificare le condizioni di salute dei migranti a bordo. Non può negare un intervento umanitario. Un uomo che considera la Libia un porto sicuro, nonostante tutti i rapporti Onu, ha una credibilità uguale a zero». Non solo. Con il decreto sicurezza bis, fortemente voluto da Salvini, la Sea Watch 3 rischierebbe sanzioni fino a 357mila euro se entrasse nelle acque italiane.

L’articolo 1 del provvedimento impone alle navi che fanno un’operazione di soccorso di «attenersi a quanto stabilito dalle convenzioni internazionali vigenti in materia e alle istruzioni operative emanate dalle autorità responsabili dell’area in cui ha luogo l’operazione di soccorso ovvero dalle rispettive autorità dello Stato di bandiera». In caso di inosservanza di uno degli obblighi, «si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 3.500 a euro 5.500 per ciascuno degli stranieri trasportati».

«Il governo italiano dovrebbe respingere con fermezza la proposta di sanzionare le navi che intervengono in soccorso dei migranti in difficoltà», sostiene l’organizzazione internazionale per i diritti umani Human Rights Watch. «L’ultimo sparo a salve di Salvini in questa guerra sui soccorsi umanitari mette un cartellino del prezzo sul diritto alla vita – afferma Judith Sunderland, responsabile di Hrw per Europa e Asia centrale – Da quando è diventato ministro, Salvini ha cercato in tutti i modo di restringere le maglie delle politiche di salvataggio e degli sbarchi – aggiunge – L’Italia ha ridotto le operazioni di ricerca e salvataggio, ritardato o respinto gli sbarchi e sostenuto la Libia nell’impedire a migranti e richiedenti asilo di attraversare il Mediterraneo».