Metà Febbraio. Mi risveglio nella quiete silenziosa della neve. I fiocchi cadono leggeri sul bianco della terra. L’aria è pulita e pungente. La luce flebile di un cielo plumbeo è sfondo intimo agli alberi e tetti candidi. Nel cohousing siamo tutti in cortile, a salutarci con la felicità della neve, ma anche la preoccupazione di non poter uscire, tanta ne è caduta. Ernesto la sta spalando e ci mettiamo ad aiutarlo. Lola fornisce generi di confort alimentare. Colazione all’aperto con latte caldo, buon caffè e biscotti. E siamo insieme in un quadro di paesaggi invernali di Bruegel , a pattinare sul laghetto ghiacciato o accanto al tepore della stufa, a raccontarci gli inverni passati. A Ivrea è Carnevale, giorno di battaglia delle arance. Nevica quando ieri sera è uscita la mugnaia sul balcone del palazzo municipale a ricevere l’abbraccio della città che, commossa, rivive l’unione e libertà di una comunità che si affranca dalla tirannide. La mugnaia, eroina del Carnevale, è la figlia di un mugnaio che, per non sottostare all’odioso Ius primae noctis, si ribella al Feudatario e lo uccide. La storia racconta che intorno al 1100 una violenta ribellione popolare scaccia dalla città Ranieri di Biandrate, uomo di Federico Barbarossa che affama Ivrea con pesanti tasse. È un carnevale storico e dietro la sua sregolatezza, propria della festa, vi è il rigido rispetto di codici e cerimoniali dei suoi personaggi: gli Alfieri , i Pifferi, i Tamburi, il Generale con lo Stato Maggiore, la mugnaia e la sua Scorta d’Onore. Indosso il rosso berretto frigio, salvacondotto per non essere presa di mira dal tiro delle arance e mi butto in quel pezzo di storia. Nove squadre di aranceri, con le divise dei rioni, presidiano le piazze eporediesi e si scagliano tirando arance contro gli aranceri che, sui carri trainati da pariglie o quadriglie di cavalli, percorrono il tragitto tra vie e centro storico della città. Gli  aranceri sul carro rappresentano le guardie del tiranno e quelli a piedi il popolo in rivolta. L’aria si infuria di arance, colori, grida, cavalli e carri che impazzano. Partecipi con gli altri alla battaglia che scaccerà il tiranno, in qualsiasi angolo di strada ti sia riparato. Il Carnevale è anche festa «agreste». Si conclude con La cerimonia dello Scarlo: nella sera in piazza brucia un alto palo rivestito di erica secca, il fuoco che rigenera la terra e congeda l’inverno. Quando la festa finisce, per giorni anche il vento lascerà nelle strade di Ivrea profumo di arance e orgoglio civile di una comunità che insieme è riuscita a trovare la libertà e che mi porto a casa. Anche noi, qui oggi a Orosia, con risate, battute e sogni, insieme, siamo riusciti a liberare la strada.