I crolli e i parziali rimbalzi borsistici insieme agli andamenti degli spread da qualche giorno ci ricordano quanto il contesto economico globale sia ancora fragile. Addossare tutta la responsabilità alla Grecia, come se non fossero note da tempo le difficoltà elleniche o le sue scadenze elettorali, risulta perlomeno riduttivo.

Poco credibile come unica spiegazione è anche la notizia del calo delle vendite al dettaglio Usa (-0.3%). Perlomeno occorre aggiungere che l’Europa vive una stagnazione profonda, Germania compresa, e che i paesi emergenti continuano a pagare un prezzo per un modello di sviluppo incentrato sulle esportazioni verso occidente. Sono mesi che la Federal Reserve annuncia la fine del quantitative easing e una politica di aumento dei tassi, ma ad ogni passaggio il timore che il sistema non sia in grado di reggere torna a galla. La ripresa americana non può stabilizzarsi senza una qualche corrispondenza sul piano europeo. In un recente testo l’ex capo della Fed Ben Bernanke spiega che le due principali responsabilità di una banca centrale sono la stabilità finanziaria e quella economica. Per quanto riguarda la prima lo strumento sono i prestiti di ultima istanza e per la seconda è la politica monetaria. Ha definito i prestiti «l’idrante che ha estinto l’incendio», anche se ora non si riesce a interrompere proprio l’uso del doping monetario in chiave anticiclica. Eppure requisito di entrambi gli strumenti sarebbe proprio il carattere temporaneo. Invece quando si prevede l’interruzione dell’espansione monetaria non solo si è costretti a registrare le difficoltà dell’economia reale, ma persino sembra ripartire l’incendio finanziario. Ne consegue, dunque, un programma di ritirata della banca centrale americana sempre più diluito nel tempo. C’è poi chi spera in un passaggio del testimone nell’immissione di liquidità dalla Fed alla Bce. In effetti nel vecchio continente è scaduto il tempo delle dichiarazioni ad effetto di Draghi. E le scelte sono tutt’altro che dirompenti. Questa settimana la Bce ha avviato il suo programma di acquisti di obbligazioni bancarie garantite, cercando di ridurre il costo della raccolta per le banche. In questo settore i rischi di disfunzioni sono piuttosto limitati, date le garanzie richieste alle banche per accedervi, come limitati rischiano di essere però gli effetti sulle capacità di trasmissione sulla politica monetaria della Bce stessa. La mossa più attesa resta quella dell’acquisto di Abs, cioè titoli cartolarizzati, che dovrebbero essere anch’essi garantiti, ma con un maggior grado di rischio, considerata la complessità delle costruzioni finanziarie basate sull’impacchettamento e la vendita di crediti.

Non a caso il presidente di Bundesbank paventa un rischio per i contribuenti. Infine esiste sempre il piano Tltro, cioè il piano finalizzato a dare credito a imprese e cittadini a tassi quasi zero. Quest’ultima operazione per ora ha ottenuto richieste minori delle attese tanto che, a fronte di un nuovo rischio debiti sovrani, la Bce ha deciso che sarà possibile utilizzare tali finanziamenti anche per l’acquisto di titoli pubblici, nonostante in un primo momento lo avesse escluso . Insomma l’economia reale non tira, la domanda di credito è bassa, le sofferenze sui crediti bancari sono considerevoli. Gli stress test in corso da un lato sono ritenuti troppo gravosi per il sistema bancario e dall’altro potranno rivelarne debolezze nei paesi periferici o persino in paesi come la Germania, dove nella pancia delle banche, soprattutto regionali, esistono ancora troppi titoli tossici e a rischio. Il tentativo, però, è ancora quello di salvare la finanza a mezzo della finanza, ferma restando la stagnazione che si comincia a prevedere strutturale, in cui versa l’economia.