La Confindustria ha sempre sostenuto che i principali colpevoli degli infortuni sono i lavoratori stessi, non sono abbastanza attenti, si mettono a rischio, non obbediscono ai loro superiori, non si mettono i dispositivi di protezione individuale.

Ora dobbiamo aggiungere ai sostenitori di questa tesi anche parte dei sindacati e diversi enti (inclusi quelli preposti al controllo e alla tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro)? In Lombardia una delibera di giunta (bipartisan, appoggiata da padroni e sindacati) ha introdotto una “sperimentazione” per incrementare la sicurezza sul lavoro nei cantieri tramite …. un braccialetto elettronico sul singolo lavoratore.

Anche il “titolo” della delibera (Dgr n. 2048 del 31.07.2019) è illuminante: “Approvazione dell’iniziativa ‘strumenti e metodi digitali per innovare la gestione del cantiere ed il monitoraggio della salute e della sicurezza del lavoratore’ nell’ambito dell’accordo per la competitività con il sistema camerale lombardo”: al centro vi è la competitività o comunque un contesto economico e non la tutela della salute… Va anche detto che il giorno dopo l’uscita della notizia sui giornali lombardi Cgil,Cisl, Uil hanno fatto tre passi indietro dichiarando che conoscevano l’iniziativa ma, pur ritenendola di interesse, non l’avevano esplicitamente appoggiata.

L’iniziativa proviene dalla Lombardia, luogo ove, dopo la strage operaia del 16.01.2018 (4 lavoratori morti asfissiati presso la Lamina di Milano, processo finito con 4 milioni di indennizzo alle famiglie e, grazie a questo, un patteggiamento della pena a meno di due anni del datore di lavoro) il governatore aveva promesso sfracelli di assunzioni e di controlli con un piano triennale straordinario. Le assunzioni vanno a rilento e non bastano neppure a compensare gli ultimi pensionamenti. Con quota 100, anzi, si aggiungeranno ulteriori carenze di personale tecnico dei servizi di prevenzione causati in precedenza dalle politiche bipartisan degli ultimi governi sul pubblico impiego mentre ci si riempie la bocca di “obiettivi”.

È vero che ogni storia di infortunio contiene un elemento “soggettivo”, spesso evidente dal fattore ultimo che determina quell’evento, ma prima di quell’ultimo “passo” la maggioranza dei casi mostra una “cornice” entro cui risalta una carenza da parte del datore di lavoro o di un altro soggetto sulla piena attuazione delle misure di sicurezza (impianti, luoghi, procedure, formazione, disposizioni, orari, ritmi).

Se ci si preoccupa che un lavoratore camminando possa intersecare il movimento di una macchina di cantiere (il braccialetto farebbe scattare un allarme o fermerebbe la macchina) occorre capire se l’organizzazione del cantiere è stata fatta in modo corretto (spazi e/o delimitazioni per persone e macchine, formazione dei conducenti, visibilità alla guida).

Il “collare” al lavoratore può certo evitare alcuni infortuni ma non operando sulla cornice (anzi affermando, implicitamente, che non occorre operare per cambiare il contesto lavorativo ma solo aggiungere un fattore protettivo individuale) non cambia il livello di sicurezza, così il prossimo infortunio sarà diverso ma avverrà comunque.

Che il lavoratore sia da considerare come un “soggetto pericoloso” per sé e per gli altri è un aspetto contenuto nella normativa: nel testo unico sulla sicurezza (d.lgs. 81/2008) sono previste sanzioni per i lavoratori in alcuni, ben definiti, casi, ma la “direttiva macchine” impone ai produttori di progettarle tenendo conto anche dell’uso improprio prevedibile da parte dell’operatore. Per determinate situazioni (ambienti confinati, lavori solitari) la presenza di sistemi di monitoraggio della persona sono certamente utili per garantire interventi tempestivi in caso di emergenza,

Con il “braccialetto” (e, perché non un collare?) si va oltre come nel caso di Amazon di controllo della “prestazione”. Medicina Democratica ha avuto e ha un approccio esattamente opposto a quello che emerge da tale decisione. Giulio A. Maccacaro sosteneva che la “prova deve essere sulle cose e non sulle persone”. La soggettività che abbiamo sempre sostenuto è quella contenuta nell’art. 9 dello Statuto dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici: il diritto all’intervento diretto sulle condizioni di lavoro per migliorarle, il diritto di auto-organizzarsi per conoscere, valutare, richiedere e lottare per un lavoro salubre e sicuro.

*Presidente di Medicina Democratica – Tecnico della Prevenzione