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«Se non si cambia subito, il clima sarà sempre più distruttivo»

«Se non si cambia subito, il clima sarà sempre più distruttivo»Inquinamento atmosferico prodotto da un’acciaieria

Effetto terra Nuovo record dei gas serra. L’allarme Onu a pochi giorni da Cop 24 di dicembre in Polonia

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 23 novembre 2018

Il clima è già cambiato, e il tempo è (quasi) scaduto: questo il messaggio dell’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite, che ha diffuso dati eloquenti nell’ultimo Greenhouse Gas Bulletin, il «bollettino dei gas climalteranti» con dati aggiornati al 2017. In particolare, le concentrazioni medie di anidride carbonica a livello globale hanno raggiunto 405,5 parti per milione nel 2017, con un trend in continuo aumento (erano 400,1 nel 2015).

«La scienza è chiara. Se non si ridurranno rapidamente le emissioni di gas serra, in particolare CO2, i cambiamenti climatici avranno conseguenze irreversibili e sempre più distruttive per la vita sulla Terra», ha detto in conferenza stampa a Ginevra Petteri Taalas, segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale.

E alla vigilia della COP24 di Katovice, cioè della ventiquattresima conferenza delle parti nell’ambito dell’accordo quadro Onu sui cambiamenti climatici, in programma dal 3 dicembre nella città polacca, il suo monito è eloquente: «Non vi è alcuna indicazione di un’inversione di tendenza», i gas all’origine del riscaldamento globale hanno registrato un nuovo record nel 2017. «Il momento giusto per agire sta per scadere» ha avvertito Taalas, e Katovice – storica città industria della Slesia – rappresenta l’ultima spiaggia per finalizzare l’accordo di Parigi del 2015 e raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a meno di 2 gradi centrigradi rispetto alle temperature medie del periodo pre-industriale.

L’alternativa è una sola, avverte Taalas: «I cambiamenti climatici avranno impatti sempre più distruttivi e irreversibili sulla vita sulla Terra». E il problema non riguarda solo la CO2, che pure da sola ha «provocato» i quattro quinti dell’effetto riscaldante dei gas serra sul clima.

Nell’atmosfera c’è troppo metano, che è il secondo gas serra più resistente e ha raggiunto un nuovo record nel 2017: «Il metano atmosferico ha raggiunto un nuovo record di circa 1859 ppb (parti per miliardo) nel 2017, ed ora la sua concentrazione è pari al 257% in più rispetto al livello preindustriale» sottolinea una nota del Wmo. Corrono verso l’alto anche le emissioni di biossido di azoto (+ 122% rispetto all’età preindustriale).

Gli esperti dell’Organizzazione meteorologica mondiale hanno anche registrato una recrudescenza che definiscono «inaspettata» del CFC-11, il triclorfluorometano, il gas serra responsabile del buco dell’ozono, la cui produzione è disciplinata da un accordo internazionale, il Montreal Protocol, che l’anno prossimo compie trent’anni. Secondo l’Environmental Investigation Agency, la responsabilità sarebbe della Cina.

Alla vigilia della COP24, un altro organo delle Nazioni Unite ha preso una posizione netta in materia, ed il il nuovo alto commissario Onu per i Diritti umani, Michelle Bachelet, che il 21 novembre ha indirizzato una lettera aperta ai tutti gli Stati membri, per chiedere che il tema dei diritti umani venga messo al centro dell’agenda sul clima: «Intere nazioni, ecosistemi, popoli e modi di vivere potrebbero semplicemente cessare di esistere» ha scritto l’ex presidente del Cile, ricordando la distanza tra la situazione attuale e gli obiettivi che la comunità internazionale si era posta nel 2015 a Parigi. «Sappiamo – ha scritto Bachelet – che ad oggi la somma totale dei contributi volontari [alla riduzione dei gas climalteranti] determinati da ogni singolo Stato ci porta grossmodo verso un aumento di 3ºC, più del doppio rispetto all’obiettivo che la comunità internazionale s’è data tre anni fa a Parigi».

Secondo gli ultimi report della Banca Mondiale, nel 2050 potrebbero essere 143 milioni i migranti climatici. Secondo Bachelet, le prime vittime di questa situazione saranno i poveri, i migranti, i popoli indigeni, gli anziani, le persone con disabilità. Per questo, l’alto commissario ricorda agli Stati membri che essi hanno l’obbligo di «assicurare a coloro che subiscono gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, e in particolare a coloro che vivono situazione di vulnerabilità, l’accesso a rimedi effettivi e ai mezzi necessari per adattarsi e poter continuare a vivere in modo dignitosa».

Nemmeno l’Italia può restare a guardare: nel terzo trimestre del 2018, secondo una nota dell’Ispra del 20 novembre, la stima tendenziale delle emissioni dei gas serra prevede un aumento rispetto all’anno scorso, pari allo 0,4%, «principalmente dovuto ai settori dei trasporti (1,7%), per un maggior consumo di gasolio per il trasporto su strada (3,1%) e del riscaldamento (1,6%). Si riducono invece (-1%) le emissioni per la produzione di energia», perché cala il ricorso alle centrali termoelettriche.

E sempre l’Ispra il il 9 novembre aveva informato che il 2018 è l’anno più caldo della storia italiana da almeno 2 secoli: la temperatura media, nei dieci mesi fino ad ottobre, è di 1,77°C più alta rispetto al valore medio, che fa riferimento al periodo 1961-1990.

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