Una vita che ne ha contenute altre cento, mille. Per quante cose avesse visto e vissuto, una cosa Salvatore Ricciardi, solo «Salvo» per amici e compagni, non aveva mai smesso di fare: interrogarsi, guardarsi in giro, perfino, e sul serio, stupirsi. Anche per chi lo aveva conosciuto soltanto negli ultimi anni, come redattore di Radio Onda Rossa, dopo che era tornato alla libertà al termine di una detenzione durata quasi trent’anni, Salvo non era solo prodigo di consigli, ma di domande, quesiti, spunti come un giovane e entusiasta militante. Eppure, non era più un ragazzino.

Salvo se ne è andato ieri a 80 anni, dopo due settimane in ospedale, era stato ricoverato a seguito di una brutta caduta mentre prendeva parte ad una iniziativa in sostegno delle lotte dei detenuti che reclamano assistenza e misure alternative al carcere per affrontare la pandemia. E al termine di una vita che lo ha visto attraversare generazioni di storie collettive, tra loro diverse, molteplici, complesse e talvolta contraddittorie.

Una vicenda che lui stesso ha raccontato più volte nei suoi libri come sul blog contromaelstrom, descrivendo come un giovane della Garbatella fosse passato dal lavoro in un cantiere edile a quello di ferroviere, dall’attività sindacale nella Cgil a quella nel Partito socialista di unità proletaria (Psiup), attraversando il Sessantotto studentesco e operaio, fino all’incontro, avvenuto davanti ai cancelli delle fabbriche di Pomezia, con Potere Operaio. A questo aveva fatto seguito, dopo il 1971, la partecipazione alla nascita del Cub dei ferrovieri di Roma, in Via dei Volsci, nel quartiere di San Lorenzo, che diventerà l’epicentro di altre realtà auto-organizzate, come l’assemblea lavoratori/lavoratrici del Policlinico e il Comitato politico Enel, strutture da cui avrebbe preso forma l’Autonomia Operaia romana.

Dopo il ’77, Salvatore Ricciardi avrebbe scelto di entrare a far parte della colonna romana delle Brigate Rosse: arrestato nel maggio del 1980 e condannato all’ergastolo per il «caso Moro», otterrà la completa libertà nel dicembre 2010. Di sé, negli ultimi anni aveva scritto: «Dopo una vita di galera sono tornato nelle strade, davanti ai posti di lavoro, nelle occupazioni di case e di scuole, nelle sedi di collettivi e di radio, nelle assemblee di movimento. Oltre raccontare lo scontro di ieri, provo – insieme a altre e altri – a ragionare e a attivarmi nello scontro di oggi».