C’era da aspettarselo, la visita di papa Francesco al confine tra il Messico e gli Stati uniti ha provocato delle reazioni in Donald Trump, candidato repubblicano che ha cominciato la propria campagna elettorale proprio demonizzando i messicani, definiti tutti, o quasi, ladri e stupratori e gridando a un inesistente allarme migratorio dal Messico al Nord America, contenibile solo grazie alla costruzione di un muro tra i due Paesi.

Il pontefice, d’altro canto, non è mai stato simpatico a nessun conservatore. «A questo papa manca solo un cane e i dreadlocks per essere uno di Occupy Wall Street» aveva dichiarato Fox News durante la sua visita negli Stati uniti, a settembre.

Durante l’ultimo incontro con la stampa, prima di tornare a Roma, a un giornalista che gli chiedeva espressamente di Trump, il papa ha risposto: «Una persona che pensa solo a costruire muri, con o senza ponti di sorta, non può definirsi cristiana».

La risposta di Trump è stata immediata: «Per un leader religioso è deprecabile mettere in discussione la religiosità altrui. Sono orgoglioso di essere un cristiano e come presidente degli Stati uniti d’America non permetterò che il cristianesimo sia costantemente attaccato e indebolito, a differenza di ciò che sta accadendo ora, con il nostro attuale presidente».

Ma non si è fermato qui, alla propria storia personale. Nella sua dichiarazione Trump ha cominciato dicendo che «se e quando il Vaticano verrà attaccato dall’Isis, che come tutti sanno è il loro trofeo finale, vi posso garantire che il papa vorrà e pregherà per Donald Trump presidente, perché questo con me non potrebbe accadere: con me presidente lo Stato islamico sarà debellato, a differenza di ciò che sta accadendo ora».

Trump ha poi sottolineato che il papa, avendo sentito solo una campana, quella messicana, non può giudicare o esprimersi sui rapporti tra Stati uniti e Messico e che si è fatto usare come un pupazzo dai messicani che, in malafede, gli hanno parlato male di lui, in quanto sanno che un eventuale presidente Trump sarebbe un ostacolo ai loro traffici.

La risposta ufficiale di Trump, riportata da tutte le agenzie stampa, ha fatto in breve irruzione su twitter facendo nascere un hashtag #MakeTheVaticanGreatAgain, che riprendendo e modificando lo slogan della campagna elettorale di Trump, «Make America Great Again», ha sfornato decine di false dichiarazioni di Trump, in pieno stile Trump.

C’è stato chi, come @MrTuktoyaktuk ha twittato che se e quando fosse diventato papa avrebbe immediatamente ripristinato lo stato pontificio e impedito a Garibaldi di scoprire l’America e venire qui a rubarci il lavoro, o chi, come @felcschwartz ha riassunto un po’ il Trump-pensiero in 140 caratteri. «A chi diavolo interessano i commenti del papa? Qua dobbiamo fermare gli immigrati illegali e il crimine!». «Non ricordo l’ultima volta in cui il Vaticano abbia vinto qualcosa», ha scritto @calmsnbc.

The Nation e Mashable hanno subito rilanciato l’hashtag, il problema è, come notato da molti, che spesso sono dichiarazioni indistinguibili da quelle di @realDonaldTrump.