Cosimo Matteucci, presidente della Mobilitazione generale degli avvocati (Mga), è stato uno dei protagonisti della riunione sulla coalizione sociale convocata sabato scorso da Maurizio Landini nella sede della Fiom a Roma. «Sentire Landini parlare di lavoratori autonomi, di professioni e di partite iva è stata un’innovazione straordinaria – afferma Matteucci – Dai metalmeccanici è emersa la necessità di unire i lavori, quando invece la Cgil si è occupata soprattutto di lavoro dipendente. E tutta un’impostazione che cambia, è un’apertura enorme. Mi colpisce che questa esigenza venga dalla Fiom e non ancora da parte della Camusso».

A cosa è dovuta secondo lei questa apertura di Landini?

Alla percezione della realtà sociale. Lo sfruttamento del lavoro non avviene solo nelle fabbriche o nelle campagne, luoghi che tradizionalmente sono stati seguiti dal sindacato, ma avviene anche altrove. La partita Iva oggi è diventata il nuovo strumento della precarizzazione e dello sfruttamento del lavoro.

Per gli avvocati cosa significa essere sfruttati?

Noi all’assemblea di sabato abbiamo portato l’esempio degli avvocati sans papier in Francia. In Italia ci definiamo precari. Spesso lavoriamo in nero e, da un momento all’altro, il rapporto di lavoro subordinato può finire. Ci si ritrova per strada, magari a 40-50 anni senza diritti, senza garanzie e con la quasi impossibilità di riconvertirci. Negli studi legali sono occultate gravissime forme di sfruttamento del lavoro subordinato sia di praticanti che di avvocati. Di fatto sono dipendenti, formalmente non sono niente e guadagnano 4-500 euro al mese. Quando va bene. Questo non accade solo nell’avvocatura, ma in tutte le altre professioni intellettuali. In generale nel lavoro autonomo e indipendente e riguarda sia i giovani che i meno giovani.

Cosa ha significato per voi avvocati partecipare a un’assemblea con la Fiom?

Il fatto di essere stati invitati da una formazione operaia ci dà la misura del fatto che stiamo superando il pregiudizio per cui l’avvocatura è solo una casta. Si stanno superando le barriere inter-professionali e inter-categoriali dell’Otto e del Novecento che hanno determinato l’impoverimento delle professioni, al punto da rendere impossibile un’azione comune con il resto della società. Stiamo unendo ciò che è stato diviso: il lavoro esecutivo e quello intellettuale, ad esempio. Le potenzialità sono enormi, anche perché la coalizione proposta da Landini è svincolata dai recinti di partito e della politica tradizionale. Dovrebbe creare un’opinione pubblica organizzata e premere sul governo per ottenere un miglioramento delle condizioni di lavoro. Bisogna ribaltare il principio in base al quale oggi si deve avere un reddito per potere lavorare.

A cosa state lavorando nella «coalizione 27 febbraio» a cui partecipano anche parafarmacisti, freelance, geometri e gli attivisti dello «sciopero sociale»?

Il nome di questa coalizione è nato dopo che il 27 febbraio movimenti e associazioni del lavoro autonomo e precario hanno aderito al nostro «speakers’ corner» alla Cassa Nazionale Forense. Lanceremo una piattaforma comune per chiedere un’aliquota della gestione separata Inps al 24%, una pensione minima di cittadinanza indipendentemente dal montante contributivo accumulato. Chiediamo correttivi solidaristici al sistema contributivo. Per gli avvocati chiediamo l’estensione del contratto nazionale per gli studi professionali. Il 24 aprile daremo vita ad una «carovana dei diritti» per l’equità fiscale e previdenziale con una manifestazione alla sede dell’Inps presieduto da Tito Boeri.

Cosa significa agire in coalizione oggi?

Lottare per affermare il principio che si lavora per vivere e per creare una nuova cultura dei diritti. Significa garantire l’equità fiscale e previdenziale per tutti perché lo sfruttamento non riguarda solo il lavoro ma è anche previdenziale. Per affrontare questa situazione bisogna istituire un nuovo mutualismo.