Dal Cortile (Europa edizioni, pp. 150, euro 14.90) è il titolo del libro autobiografico di Nicola Savino, dirigente politico e sindacale di lungo corso, appena arrivato nelle librerie. Filo conduttore è il significato che l’autore assegna al «cortile» inteso come luogo dalle piccole dimensioni in cui le distanze tra idealità e azione si accorciano e la politica si nutre di quella concretezza che molto spesso manca ai livelli più alti. Le pagine del libro non sono altro che un condensato di vita vissuta in prima linea, da protagonista; le vicende personali si fondono alla storia politica degli ultimi 50 anni. I giochi della fanciullezza, le passeggiate nei boschi, i sacrifici del papà contadino per far studiare Nicolino, la «scoperta» del mare, l’impatto con la grande fabbrica del Nord, il ritorno al paese, gli anni del lavoro politico, raccontati con la semplicità e la passione del «rivoluzionario di professione», epiteto con cui venivano indicati i dirigenti del Partito Comunista.

UN MONDO inghiottito dalla palude del presentismo e dalla perdita della memoria storica, nel libro di Savino, riemerge come un fiume carsico e ci rimanda al comunismo romantico dei nostri padri quando la militanza politica era una scelta di vita e il partito una comunità viva e solidale. È il mondo dei contadini di San Mauro Forte, il loro attaccamento alla terra, le lotte contro i signorotti dell’epoca, la diffidenza verso una Chiesa spesso alleata dei potenti e distante dai problemi della povera gente. È lo spaccato dell’avventura umana e politica dei comunisti italiani reso ancora più avvincente dal trasporto emotivo con cui i fatti vengono narrati: l’incontro di Savino con Giorgio Amendola che, quasi a dimostrare l’importanza del «cortile», gli chiede se conosce l’ammontare dei depositi postali dei pensionati di Oliveto Lucano; la grande umanità di Luciano Lama che, durante una visita a San Mauro Forte, avvicinandosi alla madre di Savino, pur non conoscendola, gli domanda «Anna, come stai ?»; «la diversità» dei comunisti testimoniata dal pittore Ugo Annona che decide di consegnare nelle mani di Savino, all’epoca segretario provinciale del partito, una somma cospicua di denaro in favore delle popolazioni colpite dal terremoto nella certezza che, in tal modo, sarebbe giunta a destinazione; le paure scaturite in seguito al tentativo di golpe messo in atto da un vecchio generale fascista; l’emozione per la morte di Berlinguer e le difficoltà che sono seguite nel preservare la sua eredità morale e politica; i ritardi e le contraddizioni presenti all’interno del partito nell’affrontare i problemi legati ai processi di riconversione industriale.

VICENDE VISSUTE con la passione e la tenacia del dirigente politico che, nell’affrontare le contraddizioni del suo tempo, cerca di non smarrire le ragioni e gli ideali che hanno modellato la sua esistenza e quella di una intera generazione di militanti. Questa la ragione per cui ripartire Dal Cortile può aiutare a rimettere a punto una mappa e ritrovare un orizzonte di speranza, a dispetto della deriva politica e culturale che ha travolto la sinistra e avvelenato i pozzi della nostra democrazia.