Si tratta per ora solo di una minaccia, ma dopo tanti tentennamenti Vladimir Putin, in un’intervista concessa ieri a Rossia1, ha affermato che se la guerra nel Nagorno-Karabakh non cesserà a breve la Russia interverrà a fianco dell’alleato armeno. «Le ostilità, con nostro grande rammarico, continuano ancora oggi… Per quanto riguarda il trattato firmato con l’Armenia , abbiamo sempre adempiuto, e continueremo ad adempiere ai nostri obblighi. Come sapete, sono in costante contatto di lavoro dal vivo con il primo ministro armeno, e la leadership armena non ha dubbi su questo», ha detto il presidente russo.

UNA CHIARA PRESA DI POSIZIONE che da un parte taglia la strada alla possibilità che Baku e Ankara proseguano con la strategia della «vittoria lenta» sfruttando la possibilità che la comunità internazionale dopo i primi appelli si acquieti, ma dall’altra è sufficientemente vaga da impedire reazioni negative degli oltre due milioni di azeri che vivono e lavorano nella Federazione.

[do action=”citazione”]Ma la minaccia ora c’è ed è stata ripetuta qualche ora dopo nella telefonata di Putin a Ilham Aliyev, presidente dell’Azerbaigian.[/do]

La presa di posizione segue il video registrato dall’imprenditore miliardario russo di origine armena Ruben Vardanyan in cui si rivolgeva al presidente della Russia chiedendogli di sostenere nella sua lotta per l’indipendenza il Nagorno-Karabakh, una posizione condivisa dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica russa che considera quello armeno un «popolo fratello».

LA PRESSIONE per il cessate il fuoco appare per ora insufficiente ad impedire che l’asse turco-azero venga a più miti consigli. Dopo che due giorni fa il Canada ha interrotto la spedizione di pezzi di ricambio militari a Baku, ieri il ministero degli Esteri greco ha annunciato che richiamerà l’ambasciatore Nikolaos Piperigos da Baku per consultazioni. La ragione di tale decisione sono state le dichiarazioni del governo azero sulla presunta tolleranza da parte dello stato greco alla preparazione di azioni terroristiche e sui tentativi di reclutare combattenti terroristici e attacchi informatici dal territorio della Grecia contro l’Azerbaigian.

Intanto l’avanzata delle forze azere prosegue. Secondo Aliyev il conflitto sta andando «secondo i piani»: la scorsa notte da quanto afferma il canale telegram WarGonzo ci sarebbero stati pesanti bombardamenti a Shusha, cittadina nella parte della meridionale della regione e sarebbe stata messa parzialmente fuori gioco la centrale elettrica che fornisce elettricità al Nagorno-Karabakh.

A RENDERE ANCORA PIÙ TESA la situazione circola da qualche ora insistentemente la voce che sarebbero stati arruolati a Odessa da parte della diaspora azera militanti di organizzazioni neofasciste ucraine come il Battaglione Azov e Pravy Sektor. L’indiscrezione di fonte russa sarebbe stata raccolta nell’ambasciata di Kiev di un paese asiatico che avrebbe fatto conoscere anche l’entità del paga dei mercenari: 2000 dollari.

Del resto il pencolare del Tridente più verso Baku piuttosto che verso Erevan (malgrado formalmente il presidente Volodomyr Zelensky si sia dichiarato equidistante), è abbastanza evidente. «In quanto Paese che ha a sua volta territori occupati a seguito di un conflitto armato, siamo certamente a favore dell’integrità territoriale di qualsiasi Stato. Non importa se Armenia, Azerbaigian o qualcun altro… L’Ucraina ha sempre sostenuto l’Azerbaigian in questo senso», ha affermato ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba.