Di fronte all’esigenza di una riappropriazione della politica, interrogare e riattualizzare l’opera di Karl Marx rappresenta una sfida e un impegno di tutto rilievo, il presupposto di un pensare e di un agire sul terreno della concreta trasformazione. Dopo anni in cui Marx sembrava essere stato inghiottito dalla fine del socialismo reale e dalla costruzione di un senso comune funzionale alla diffusione dei valori neoliberali, le iniziative sorte in occasione del bicentenario della sua nascita hanno rappresentato un importante momento di riflessione sui suoi temi e sul suo lascito. Su essi, già da tempo tornavano le analisi di quanti erano intenti a valorizzare l’elemento trasformativo della «filosofia di Marx», a evidenziare i cosiddetti punti di stress dei suoi scritti, a immergersi nel laboratorio marxiano (da Balibar, a Harvey, a Mezzadra).

Come allora riattivare l’eredità di Marx?, si domandava Benedetto Vecchi su questo giornale, recensendo alcuni dei volumi usciti nel 2018. L’indicazione, tuttora valida, era di riprendere il «lavoro della talpa», per rompere la gabbia del tempo del neoliberalismo, ossia di un eterno presente, e aprire la strada a una «prassi teorico politica radicale». Una strada in controtendenza rispetto a interpretazioni evoluzionistiche, o puramente celebrative del pensiero di Marx, di cui anzi cogliere il rinvio costante all’imprevisto, alla molteplicità ed eterogeneità dei processi, a quello scambio tra teoria e prassi rivoluzionaria capace di far luce sui persistenti rapporti di dominio del capitalismo e, al contempo, sui conflitti e le molteplici lotte che ne sfidano le dinamiche e i dispositivi.

SU QUESTO SENTIERO si muovono i saggi presenti nel volume Soggettività e trasformazione. Prospettive marxiane (Manifestolibri, pp. 419, euro 25), frutto del convegno organizzato nel 2018 presso le Università di Padova e Roma, La Sapienza. Come sottolineano i quattro curatori – Luca Basso, Giorgio Cesarale, Vittorio Morfino, Stefano Petrucciani – l’inversione di tendenza registratasi da qualche anno nella crescita degli studi marxiani, nel mondo e in Europa, ha a che fare con più motivi: la disillusione sulle “magnifiche sorti e progressive” che per molti dovevano seguire all’89; la non contingenza e temporaneità della crisi economica (che è elemento strutturale del modo di produzione capitalistico), la crescita delle disuguaglianze, la condanna a un continuo presente e la mancanza di una alternativa iscritti nell’ideologia neoliberale. E, in positivo, la necessità di ripensare Marx, cogliendone aspetti proficui, ma anche problematici, a partire dalla «congiuntura storica e politica».

L’interesse del volume, degli stessi saggi a firma dei curatori e di quelli di altri autori, sta proprio qui, nell’evidenziare la prospettiva politica delineata da Marx, nel far emergere il rapporto complesso e di non immediata deduzione che si instaura tra teoria e politica, nell’esaminare la questione della soggettività all’interno del modo di produzione capitalistico, di cui l’antagonismo è condizione costituiva, e quindi anche potenzialmente «rovesciante».

Riarticolare «l’azione comune delle soggettività operaie nella loro differenziazione» comporta allora prendere le distanze dall’idea di un soggetto unico e omogeneo, assumere la dimensione globale delle lotte, superare ogni paradigma identitario e assolutista. E soprattutto comporta, sottolineano i curatori, confrontarsi e far operare di continuo una dinamica di trasformazione che investe la dimensione della soggettività, facendo propria, potremmo aggiungere, la differenza per declinare al plurale quest’ultima e le lotte, per «complicare» lo stesso elemento della classe e della lotta, alla luce delle vicende storiche e dei nessi tra pratiche classiste, anticoloniali e femministe (Basso).

A USCIRNE PROBLEMATIZZATE sono anche altre categorie marxiane: per riportare qualche esempio, il rapporto tra rivoluzione politica e rivoluzione sociale, la cifra stessa delle rivoluzioni socialiste vittoriose e di quelle «borghesi» (Petrucciani); le implicazioni tra sfruttamento e dipendenza, personale e impersonale (Renault).

Dalle tensioni che attraversano l’opera di Marx, a quelle che i numerosi saggi fanno trasparire del suo pensiero in relazione alle questioni del presente, emerge tutta la vitalità di un’analisi concettuale in continuo e reciproco scambio con la trasformazione sociale e politica, e di una «politica di emancipazione» volta a costruire, concludono i curatori, nuovi rapporti sociali. Una vitalità che si nutre al contempo di una inedita dimensione della riappropriazione, quella di un «pensiero incarnato» (Roberto Finelli), e di nuove relazioni con il femminismo e la centralità della riproduzione sociale (Silvia Federici).

D’altronde, soggettività e trasformazione evocano anche imprevisto e liberazione. In tal senso, non si tratta solo di allungare con altrettante autrici la lista degli autori maschi (molti dei quali da molto tempo impegnati nel corpus marxiano: oltre a quelli già menzionati, Bellofiore, Bidet, Fineschi, Heinrich). Bensì, soprattutto, si tratta di pensare – e agire per un orizzonte alternativo, per una reinvenzione della politica da una prospettiva del conflitto che, per parafrasare Rossana Rossanda a proposito del femminismo, vedendo del mondo «l’altra faccia», lo «mette in causa», ne è «antagonista» radicale, ne riformula priorità, passioni e desideri.