Economic Space Agency è una start-up con sede a Oackland, nella San Francisco Bay, in California. Fondata nel 2016 da Akseli Virtanen, economista radicale finlandese. Oggi si compone di un team internazionale formato da scienziati informatici, artisti visivi, sociologi, esperti di new media e game designer attivi nel settore delle criptovalute. Da circa due anni, Ecsa sta lavorando a un nuovo spazio per la finanza, basato sul concetto di interoperabilità. E avverte: «Sta succedendo qualcosa di straordinario».

Quest’anno, una parte del collettivo si è trasferita in Europa per collaborare con i team di sviluppatori, in Germania e a Helsinki, in Finlandia. E a Lisbona, dove Ecsa progetta di aprire un intero villaggio. «Alcuni collaboratori si sono già trasferiti lì. Pensiamo che sia un po’ come la Berlino di quindici anni fa…». La prima tappa di Ecsa in Europa è stata Stoccolma.

Qui, il collettivo ha partecipato con un evento al Moderna Museet alla mostra dedicata a Öyvind Fahlström (1928-1976): artista svedese, scrittore e poeta tra i più rappresentativi della Pop Art a livello internazionale, autore del primo Manifesto della Poesia concreta (1954). Nel suo lavoro, Fahlström ha adottato la metafora del gioco per mettere al centro delle sue opere azioni collettive, come momenti di aggregazione e partecipazione, dati di geopolitica e di finanza.
Il progetto iniziale di occupare il museo svedese, utilizzando dei token per i biglietti di ingresso e per l’accesso a tutti gli altri servizi, si è poi trasformato in una performance, alla presenza della comunità artistica locale. La «Economic Space Conference», in collaborazione con Sse Art Initiative alla Stockholm School of Economics, ha invitato a ripensare il concetto di valore, in riferimento al rapporto tra lavoro creativo e finanza. Ha sollevato nuovi interrogativi su modelli possibili per un nuovo spazio economico.

TRA FINANZA E ARTE

«L’economia – afferma Akseli Virtanen – si troverà presto ad affrontare lo stesso tipo di sperimentazione con la forma che l’arte ha già conosciuto in passato.
Stiamo lavorando alla creazione di nuove configurazioni finanziarie economiche. Si tratta di un processo di produzione. Quello che sta accadendo alla finanza, alla sua rappresentazione, è molto simile ad alcuni processi di sperimentazione della forma nelle arti visive.

Ecsa si definisce un’opera d’arte. Ma quali sono i processi di produzione artistica da cui prende ispirazione il collettivo? Dopo la conferenza, abbiamo incontrato Akseli Virtanen, Joel Mason (ingegnere economico) e Jonathan Beller (critico culturale e teorico dei media) a una festa, sull’isola di Skeppsholmen. Hanno raccontato di come la loro idea iniziale di occupare il Moderna Museet, progettando di mettere in connessione le criptovalute con le opere di una delle collezioni d’arte contemporanea più importanti in Europa, si basasse in realtà sull’esigenza di creare una relazione finanziaria con le performance, esprimendosi attraverso un network.

A partire da Occupy Wall Street, oggi l’intera questione si è spostata sulle modalità che permettono di occupare uno spazio astratto. Ecsa vuole reimmaginare la relazione tra finanziarizzazione, pratica artistica e giustizia sociale.

GESTI VISIBILI

In passato, il collettivo si era già introdotto in luoghi rappresentativi del mondo della finanza: a Montréal, alla Concordia University, e in India, dove Ecsa ha lavorato per un mese con delle scuole di design, e anche con delle comunità nelle baraccopoli. «Mettere in crisi il sistema operativo del museo è stata la vera missione da portare a termine»: l’attenzione al processo piuttosto che all’oggetto contribuisce alla formazione del suo valore.

Un concetto che, in arte contemporanea, è sempre più urgente: a partire dal popolare saggio dello scrittore culturale Diedrich Diederichsen (On Surplus Value in Art, 2008), che applica la teoria marxista del Mehrwert al processo di formazione di valore nell’arte contemporanea, fino all’era post-Brexit con Hito Steyerl (If You Don’t Have Bread Eat Art!, 2016).

È proprio la relazione tra organizzazione dell’attenzione e produzione sociale di valore a essere al centro delle pratiche di Ecsa. «Un aspetto è la relazione diretta con le strutture finanziarie esistenti, perché senza la valorizzazione finanziaria non c’è sostenibilità – dice Joel Mason -. Nei token e nella «tokenizzazione» delle pratiche sociali vediamo sia il sistema semantico che semiotico. Sono un artista, come musicista posso guadagnarmi da vivere in questo modo. Non faccio parte di Ecsa per poter accumulare soldi con il mio lavoro. In Ecsa vengono creati dei gesti artistici e voglio farne parte, perché tutto questo produrrà degli effetti visibili».

SENZA ESPROPRIAZIONI

Sembra che, all’interno di Ecsa, lo scambio di valore sia solo simbolico e che, il fatto di incontrarsi regolarmente e lavorare insieme, sia già di per sé gratificante. Il sistema dei token dà liquidità al valore che Ecsa ha creato. Sia finanziariamente che socialmente. I progetti a prevedono anche residenze di artisti visivi e designer, studenti dalle scuole di business, crytpoeconomics, e speculative designers per creare un mondo «completamente rinnovato».

All’interno del collettivo ci sono già studiosi e dottori di ricerca che stanno scrivendo una teoria culturale ed economica basata, o in relazione con, la sua ricerca. È una pratica che coinvolge discipline diverse ed è un processo di trasformazione che intende partire dalle istituzioni. Ecsa pone degli interrogativi che mettono la creatività di nuovo al centro della produzione, contro ogni forma di espropriazione.

«La divisione tra lavoro mentale e manuale risale a forme industriali e feudali – sostiene Jonathan Beller -. Quello a cui assistiamo è un riconoscimento tra le moltitudini, si insiste sul fatto che siamo tutti persone creative. La creatività è sotto assedio, è stata oggetto di un vero e proprio data mining. Come possiamo riconquistare più spazio creativo e goderne i benefici? L’artista crea sempre un valore per una comunità. Ma poi sono i cosiddetti sviluppatori che mettono insieme i profitti e li accumulano solo per loro stessi. È quello che è successo a New York, in così tanti quartieri. Comunità queer, club di poesia, pittori E artisti hanno dato vita a spazi incredibili, dove poi le persone hanno iniziano a trasferirsi. Finché non è stato più possibile rimanere lì, e ci si è spostati nel luogo successivo, e così via dicendo… Ecsa vuole prevenire questo tipo di espropriazioni. Riconosce che queste relazioni, apparentemente informali, hanno un valore profondamente produttivo. In questo momento solo lo sviluppo immobiliare e i social media hanno gli strumenti per astrarre e capitalizzare la creatività, e di assorbirne la liquidità».