Da mesi la data segnata sul calendario era il 22 aprile: il giorno di Juventus – Napoli. Per arrivarci, colmi di entusiasmo ci siamo convinti che il campionato fosse una sfida ancora aperta. Speranzosi, ci siamo fidati di giornali e tv che ci raccontavano le prodezze degli eterni duellanti. Eravamo consapevoli che in fondo volevano solo rendere appetibile il prodotto che ci stavano vendendo, ma abbiamo scelto di crederci lo stesso. Ci siamo girati dall’altra parte quando all’andata la Juventus ha vinto al San Paolo, ci siamo finti distratti quando il Napoli dopo la sconfitta interna con la Roma ha cominciato a pareggiare (Inter, Sassuolo, Milan) mentre la Juventus continuava imperterrita a macinare vittorie (Spal esclusa).

Per mesi abbiamo finto di non vedere come le rose delle due squadre non fossero assolutamente paragonabili, come Allegri lo scorso anno avesse portato via i migliori giocatori alle rivali (Higuain e Pjanic) e quest’anno, avendo necessità di un esterno, avesse ricevuto in dono l’eccellente Douglas Costa. Mentre Sarri, che desiderava lo stesso tipo di giocatore, si era dovuto accontentare suo malgrado del carneade Ounas. Abbiamo taciuto sul fatto che la Juventus da diversi anni è a pieno titolo nell’aristocrazia del calcio europeo – sempre lì, a giocarsela alla pari con Real e Barcellona – mentre il Napoli è parte della piccola borghesia. I più giustizialisti tra noi, per tutto il campionato hanno litigato sul rigore concesso a Tizio e sul fuorigioco millimetrico fischiato a Caio, i più poetici hanno contrapposto la variante borbonica del tiki taka di Sarri all’ennesima riproposizione del gioco speculativo all’italiana di Allegri. Poi mercoledì sera, nel giro di pochi minuti, mentre Simy si travestiva da Cristiano Ronaldo e Milik da Ibrahimovic, ci siamo dati di nuovo ragione: abbiamo fatto bene ad avere fiducia, a non mollare mai.

Domani è il D-day. Giornali e televisioni sono tornati a fare marketing: il prodotto era salvo. Invece sarebbe bastato ascoltare Allegri, quando sornione nelle interviste post partita diceva che lui mesi fa avrebbe firmato per arrivare allo scontro diretto con quattro punti di vantaggio, e avremmo capito che anche quest’anno, com’è stato per quelli passati e sarà per quelli a venire, per un’intera stagione abbiamo inseguito una chimera. Abbiamo vissuto in uno stato di realtà aumentata, in un romanzo dickiano. Abbiamo visto un duello quando in pedana c’era solo uno sfidante. Domani sera, qualsiasi sarà il risultato, ci sveglieremo dal sogno. E applaudiremo la Juventus, campione per il settimo anno di fila. Giornali e tv ci faranno appassionare alla corsa per un posto in Champions, o alla lotta salvezza. Poi i Mondiali, il calciomercato. E il prossimo anno, incoscienti e speranzosi come solo gli appassionati di calcio sanno essere, cominceremo di nuovo a illuderci che un’alternativa allo strapotere bianconero sia possibile.