Ci sono il maccherone di Sordi e la fame atavica del povero Stracci (La ricotta). Totò diceva: «Io non faccio il cascamorto, se casco casco morto per la fame» (Miseria e nobiltà). «Eppure che è la fame? Un vizio! È tutta un’impressione! …Ah, se nun c’avessero abbituati a magnà, da regazzini!» commenta Franco Citti in Accattone. E invece i personaggi di Ferreri, gli amici che si sono dati appuntamento per un «memorabile» banchetto muoiono per quella fatale Grande abbuffata. Si potrebbe continuare a lungo, pensando al junk food dei teenager – americani e non – o al viaggio attraverso gli States alla ricerca di un cibo meno schifezza che fa Woody Harrelson nel magnifico film di Ron Mann Go Further, quasi un romanzo di formazione per cambiare abitudini alimentari in America. Che poi non è solo una questione di gusto ma anche di classe, difatti i più poveri mangiano male e sono obesi.

 

E ancora alla grazia sublime di Jim Jarmusch e dei suoi vampiri: la coppia raffinata,Tilda Swinton e Tom Hiddleston, che ama la cultura e passa nei secoli con la valigia piena di libri, trascorre la notte parlando di poesia e ascoltando musica, il sangue è qualcosa di necessario ma non di banale. Mentre la giovinetta sorella di Tilda – si ingozza della prima vittima che le capita a tiro fino a star male.
Il cibo al cinema è dunque un riferimento trasversale, continuo, esplicito, narrativo, di conoscenza, un rapporto duraturo che non cessa di riproporsi.

 

Nei prossimi giorni (16 ottobre) sarà in sala un nuovo film che sin dal titolo allude a chef e fornelli: La moglie del cuoco di Ann Le Ny, (attrice qui conosciuta per la sua interpretazione in Quasi amici), pure se il riferimento è un po’ pretestuoso, il cuoco c’è (è Rotschdy Zem) ed è di quelli famosi al punto che la moglie sentendosi frustrata dalla notorietà del coniuge si rivolge a una consulente di quelle del genere cerca te stesso (nel cast ci sono Emmanuelle Devos e Karin Viard, due delle migliori attrici d’oltralpe). Il seguito è una commedia di amori, tradimenti,malintesi, diciamo una ricetta «classica». O quasi.

 

Più esotico il gusto di Amore cucina e curry (dal romanzo Madame Mallory e il piccolo chef indiano, Feltrinelli), in cui il regista svedese Lasse Hallstrom – che si dichiara vegano pure se adora la bresaola italiana – sostituisce al cioccolato del successo di Chocolat il profumo delle spezie nella vicenda di un giovane cuoco che arriva dall’India in un paesino della Francia, dove apre un ristorante. Naturalmente la cosa è malvista dagli altri ristoratori, specie quello più noto e stellato Michelin, così il ragazzo è costretto a una sfida all’ultima ricetta dimostrando che la nota (di sapore) vincente è quella della contaminazione. Dice Hallstrom: «La storia del film è un modo giusto per ribadire che dobbiamo accettare le diverse culture come elementi di ricchezza. L’importante è che ci si possa sentire ispirati da una storia, anche se non è completamente vera. Il mio obiettivo non è il realismo, ma il coinvolgimento dello spettatore».