Contadina bretone, produttrice di verdure. Dalla fine del mese di novembre Morgan Ody è coordinatrice generale del movimento La Via Campesina, che rappresenta circa 200 milioni di contadini nel mondo. Nella sua piccola azienda agricola biologica, di poco più di un ettaro, produce un’ampia varietà di verdure che vende ai mercati locali e alle Amap (associazioni per il mantenimento dell’agricoltura contadina).

MORGAN HA AVVIATO L’ATTIVITA’ 10 anni fa. Figlia di agricoltori, ha lavorato in ufficio ma «non faceva per me, durante le vacanze andavo nei campi». Quando ha avuto la possibilità ha acquistato i terreni e si è dedicata alle orticole: «Con così poca terra era l’unica scelta possibile: pochi investimenti, rischio basso, possibilità di cominciare in piccolo e creare relazioni con le persone», racconta. «Per l’equilibrio della fattoria sono importanti gli animali», sottolinea. Nel suo caso: una decina di galline e una pecora, per l’autoconsumo.

PER MORGAN ODY LE SFIDE da contadina si intrecciano con quelle che dovrà affrontare il movimento negli anni a venire. Si tratta di tre questioni strettamente connesse: la crisi del Covid19, le politiche agricole e alimentari, il digitale. La pandemia ha interrotto le relazioni umane: «Nella cultura contadina vedersi è essenziale» spiega. Anche La Via Campesina si è dovuta adattare al funzionamento online ma «gli strumenti che utilizziamo sono nelle mani delle persone che combattiamo», evidenzia Morgan riferendosi ai colossi del digitale.

SUL FRONTE DELLE POLITICHE ALIMENTARI e agricole: «È in corso un’offensiva dei sistemi capitalistici, che stanno approfittando della debolezza dei movimenti sociali, per velocizzare le trasformazioni» spiega la coordinatrice generale citando il Summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari. «Parlava di inclusione ma ha escluso i movimenti. È stato costruito dalle multinazionali e caratterizzato da conflitti d’interesse».

LA TERZA SFIDA E’ QUELLA DEL DIGITALE, delle nuove tecnologie, della robotizzazione, dei sistemi di sorveglianza. «Ci troviamo davanti a modelli che puntano all’agricoltura senza contadini», denuncia. Il Food System Summit è stato fortemente criticato da buona parte della società civile, dai movimenti contadini e dai popoli indigeni. L’errore principale degli organizzatori, secondo Morgan Ody, è stato depoliticizzare le problematiche agricole e alimentari. «Hanno cercato soluzioni tecniche, ignorando disuguaglianze e ingiustizie», e aggiunge: «Noi piccoli contadini non abbiamo problemi a produrre cibo se abbiamo accesso alle risorse: terra, acqua, sementi». Biotecnologie, robotizzazione, intelligenza artificiale, nanotecnologie per aumentare la produzione: «Così le cosiddette Gafam (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) hanno fatto irruzione in agricoltura, perché tutti abbiamo bisogno di mangiare». Responsabilità del vertice è stata anche «considerare imprese e fondazioni filantropiche (come Bill & Melinda Gates) legittimi interlocutori nei processi internazionali, più dei movimenti contadini».

PER IL PRINCIPIO DI ROTAZIONE geografica la segreteria operativa de La via Campesina si è spostata in Europa, in Francia, nello stesso periodo in cui la Ue approvava la nuova Politica Agricola Comune (Pac). Secondo Morgan Ody la Pac è portatrice di un peccato originale: l’importazione detassata delle proteine. Una contropartita necessaria per ottenere il via libera degli Stati Uniti. L’impatto geografico è stato forte: «In tutta Europa l’allevamento si è concentrato e industrializzato». La Bretagna ne è un esempio. «L’allevamento industriale è massiccio, in particolare vicino ai porti in cui arrivano soia e proteine destinate agli animali» spiega. «Questo sistema ha spinto alla specializzazione regionale (vino, allevamento, cereali) generando infertilità nei suoli e necessità di fertilizzanti di sintesi».

«LA PRIMA PAC CONTENEVA STRUMENTI di regolamentazione del mercato interno, che poi si sono persi», racconta Morgan Ody. Ci tiene a ripercorrere la sua evoluzione, «da una politica di prezzi alti nei mercati interni e di aiuti all’esportazione, si è passati agli aiuti interni per abbassare artificialmente i prezzi e competere a livello internazionale». Dunque, «oggi i costi di produzione reali sono superiori al prezzo di vendita, la differenza è compensata dai sostegni». Così facendo «di fatto non si aiutano gli agricoltori ma l’industria della trasformazione e la grande distribuzione, che possono acquistare materie prime a prezzi sovvenzionati dalla Pac», spiega. «La Via Campesina vuole la regolamentazione dei mercati, le tariffe dovrebbero coprire costi di produzione e ricavo. Gli aiuti sono legati alla superficie agricola, non alla produzione: chi ha grandi estensioni riceve di più, si incoraggia la concentrazione delle aziende agricole»

«LA NUOVA PAC NON CAMBIA NULLA», dice fermamente Morgan Ody. «In Europa il 60% delle aziende agricole possiede meno di 5 ettari. La maggior parte delle imprese, quindi, non accede ai fondi. Le fattorie con più di 100 ettari (il 3%) si accaparrano, invece, tutti i finanziamenti. Considerando le tante sfide che dovremo affrontare – alimentari, ecologiche, sociali, del lavoro – questa risposta è un’eresia!».

L’INDIGNAZIONE SI SPIEGA CON IL FATTO che sono proprio i piccoli a produrre un’alimentazione di qualità, adottare pratiche agroecologiche, animare i territori rurali. «Se confrontiamo la biodiversità per ettaro è superiore nella mia fattoria, rispetto alle grandi aziende. Anche la produttività è maggiore sulle piccole superfici».

SECONDO MORGAN ODY NON C’E’ NULLA di positivo nella politica appena approvata dalla Ue. Gli eco-schemi sono greenwashing per continuare a sovvenzionare le monocolture industriali». Gli unici elementi considerati leggermente positivi sono quelli che regolano i mercati: in particolare per Dop e Doc. Con la P ac odierna «l’unica cosa da fare è limitare gli effetti negativi per i piccoli agricoltori: chiedere più aiuti e una migliore redistribuzione».

LA POLITICA EUROPEA DOVREBBE comprendere agricoltura e alimentazione, con uno sguardo sistemico. L’esempio della crisi di fertilità dei suoli è lampante. Morgan Ody evidenzia come per risolverla sia necessario cambiare alimentazione e agricoltura. Consumare meno carne, di migliore qualità, non industriale, in autonomia foraggera. «Bisogna allevare animali, con metodo estensivo, nutriti a erba». In particolare, capre e pecore perché maiali e polli si nutrono anche di proteine, importate.

«L’AGRICOLTURA CONTADINA RISPONDE a tutte le sfide: produrre alimentazione in quantità e qualità sufficienti per tutti, biodiversità, riduzione delle emissioni, lavoro, attrattività dei territori».

IL 2022 SI APRE CON DIVERSE PRIORITA’, in Europa e non solo. In primo luogo, difendere la sovranità alimentare: «Servono politiche pubbliche per non lasciare l’alimentazione nelle mani del mercato. Ogni comunità e ogni paese deve poter decidere come produrre cibo, senza impedire agli altri di farlo», spiega. «Dirò una cosa che potrebbe scioccare un giornale ecologista: la sovranità alimentare è più importante della transizione ecologica: è la sovranità alimentare che potrà portare all’agroecologia, non il contrario».

UN’ALTRA PRIORITA’ E’ «Ripensare l’accesso all’alimentazione». Secondo la coordinatrice generale serve un welfare del cibo, «garantire 150 euro al mese per l’alimentazione, con quote diverse a seconda del reddito». In Francia alcuni comuni e regioni ci stanno lavorando. Accesso alla terra e riforma agraria sono la terza priorità. Nel progetto di direttiva elaborato dal coordinamento europeo de La Via Campesina si prevede la redistribuzione delle terre delle grandi aziende e politiche di regolamentazione delle transazioni fondiarie: «Quando si compra, si affitta o si acquisiscono società».

ANCHE IL DIBATTITO SUGLI OGM è estremamente attuale. «Sarà la battaglia del 2022 mantenere intatta la direttiva europea, in senso restrittivo».