Milena Gabanelli folgorata sulla via di… Tripoli nientemeno che dalla strategia, dalla competenza e dall’azione di Marco Minniti: una conversione che stupisce, dato il background culturale e la fiera distanza dal potere fino a ieri esibita dalla giornalista.

Nell’esaltazione dell’operato del ministro dell’Interno, Gabanelli cade in un’analisi che – con tutto il rispetto – non si può che definire superficiale e fuorviante, come se avesse non solo chiuso, ma persino rinnegato il raziocinante, indagatore e coraggioso «metodo Report» che abbiamo conosciuto e apprezzato. E lo fa proprio su un tema delicato, complesso e assolutamente centrale del dibattito politico come quello dell’immigrazione.

Proviamo – molto umilmente, data la complessità del tema – ad applicare un metodo rigoroso di analisi alle affermazioni della giornalista, partendo da un presupposto: Gabanelli è liberissima di rendere pubblico il suo «sostegno totale» alla linea Minniti ma gli argomenti non possono essere quelli disinvoltamente addotti se non si vuole rinnegare lo spirito più genuino dell’inchiesta, che è quello di scavare dentro i fatti e di non fermarsi mai alla superficie e al «racconto ufficiale».

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Gabanelli: «Il dato certo è che gli sbarchi sono diminuiti. Le ragioni le sappiamo: da una parte il nastro trasportatore un po’ si è rallentato perché sono state introdotte delle regole, dall’altra c’è questo freno che proviene dall’accordo fatto con la guardia costiera libica».

Vero, gli sbarchi sono diminuiti, ma non perché sono state modificate regole: non sono stati modificati l’art. 10 comma 3 della Costituzione e la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati che all’art. 33 vieta il il respingimento verso paesi dove i diritti umani fondamentali sono calpestati (come la Libia, il Ciad e il Niger degli accordi più recenti). E non è stato modificato il sacro diritto del mare (diritto internazionale consuetudinario, Convenzione di Montego Bay) che impone a qualunque natante di salvare vite umane e accompagnare i naufraghi nel porto sicuro più vicino.

Pensare che il «Codice Minniti» sulle Ong possa avere modificato le regole vigenti è del tutto infondato ma ha avuto sicuramente l’effetto di allontanare soggetti indipendenti dalle zone di salvataggio. Quello che Gabanelli definisce «nastro trasportatore», “cosificando” gli esseri umani come oggi va molto di moda, è rallentato dagli accordi illegali (perché non autorizzati dal Parlamento ex art. 80 Costituzione) con Paesi che in cambio di soldi (molti soldi) per nostro conto metteranno altro filo spinato e riempiranno nuovi campi di concentramento, come quelli libici dove i miliziani derubano, stuprano, torturano i profughi.

Riportare in Libia e rimettere i migranti nelle mani di milizie e trafficanti (magari sovvenzionandoli, anche, date le contiguità tra criminali e guardia costiera libica) non sconfiggerà il traffico e lo sfruttamento delle persone ma, semmai, andrà a incrementarli.

Per essere chiari: subappaltiamo il lavoro sporco a paesi che non rispettano gli standard internazionali sui diritti umani. Il «nastro» è rallentato perché il maggior numero delle persone in fuga da guerre e povertà non morirà più sotto i nostri occhi, nel mare Mediterraneo, ma nel deserto al confine libico meridionale, a noi invisibile. O nelle carceri libiche.

Gabanelli: «A questo accordo non c’era alternativa».

Diffidare sempre di chi afferma che non c’è alternativa. Anche nel caso delle migrazioni, c’è sempre un’alternativa, che nella fattispecie ha il volto di una riforma razionale del Testo Unico (la legge Turco-Napolitano modificata dalla Bossi-Fini) con l’introduzione del visto temporaneo per ricerca lavoro (che cancellerebbe il mercato dove sguazzano i trafficanti di esseri umani) per i migranti economici e della realizzazione di corridoi umanitari per i richiedenti asilo.

Ecco il «metodo Report» applicato, in piccolo, all’immigrazione e il risultato è l’esatto contrario del «sostegno totale» alla «linea Minniti».