Adottato dal Festival di Aix -en-Provence come uno dei registi cardine delle recenti stagioni, Dmitri Tcherniakov, dopo il successo del suo Don Giovanni, ha portato al Gran Théatre de Provence una nuova Carmen di Bizet, riletta disegnando come di consueto una drammaturgia sotterranea e eversiva rispetto all’usuale tragitto narrativo. Una terapia matrimoniale messa in piedi nella hall di un lussuoso hotel, fra plafoniere di cristallo, divani in pelle e pilastri di marmo, una Carmen finta destinata fatalmente a diventare sempre più reale, fra vari colpi di scena; nuova pagina di quel claustrofobico teatro da camera delle relazioni, spesso crudeli, divenuto un tratto distintivo dello stile di Tcherniakov.
Carmen, Escamilo, le amiche di Carmen, i commilitoni di José, sono tutti attori di un gioco di ruolo, coinvolti nella terapia intrapresa dai due sposi, nei temporanei panni di Don Josè e Micaela (il travolgente Michel Fabiano e l’ottima Elsa Dreisig).

 

 

Il regista piega ai suoi fini i recitativi, sforza intenzioni di musica e libretto, creando un meccanismo che con uno choc salutare trascina il pubblico fuori dai territori del già visto, ma che ogni tanto si inceppa. Senza l’apporto sensibile e vitale di Pablo Heras-Casado sul podio dell’Orchestre de Paris, le spigolosità registiche avrebbero forse preso il sopravvento. Centrato però il finale, con Carmen (la sinuosa Stéphanie d’Oustrac) vittima di un coltello da teatro, illesa ma attonita davanti al parossismo di don Josè che ha varcato il limite che dall’ossessione porta all’assassinio, originale prospettiva di riflessione sul femminicidio.

 

 

Tratti cupiI e respiro poetico nella regia di Joël Pommerat per Pinocchio, in scena sempre al GTdP. Lo stesso regista – magnifici scene e luci di Eric Soyer, i video di Renaud Roubiano e i costumi di Isabel Deflin – ha adattato il testo di Collodi per la creazione musicale di Philippe Boesmans, che a Aix conosce ancora un nuovo trionfo. Una scrittura sapiente riesce a accostare le improvvisazioni di Fabrizio Cassol, al sassofono, con una trama sonora fitta di richiami al passato, Strauss, Debussy, Messiaen Stravinsky, che solo nel tratto finale perde leggermente di mordente. Strepitosi gli interpreti, il narratore Stéphane Degout, il burattino, Chloé Briot, Vincent Le Texier, Geppetto, la volpe/mangiafuoco di Yann Beuron, la funambolica fata di Marie Eve Munger e infine il Klangforum Wien diretto da Emilio Pomarico. E il grillo? Qui non c’è, per fortuna.

 

 

Nel piccolo Théatre de Jeu de Paume rinasce invece Erismena di Francesco Cavalli, opera veneziana del 1655, celebratissima all’epoca, ripresa per decenni in Francia e poi in Inghilterra. Gioco di equivoci e agnizioni alla corte del re di Media, ricco di soluzioni originali, specie nei duetti e negli assiemi, tornato alla luce grazie alla bravura della Cappella Mediterranea e dell’inventivo Leonardo García Alarcón, con una stralunata regia hipster-pop di Jean Bellorini e giovani bravissimi cantanti fra cui la protagonista Francesca Aspromonte, Carlo Vistoli, Alexaner Miminoshvili, Susanna Hurrel, e la nutrice «larger than life» di Stuart Jackson.
Per tutte le opere successo e ovazioni da parte di un pubblico foltissimo, curioso e partecipe. Spettacoli fino al prossimo 21 luglio.