«Quello che sta accadendo tra Turchia e Europa è pura follia. Erdogan va contro tutti coloro che criticano la sua politica e fa così anche con i paesi europei. Vuole assecondare per fini elettorali i sentimenti islamisti e antioccidentali che esistono nel paese e non tiene conto che qui vive anche l’altra metà della Turchia che fa riferimento ai valori europei».

A parlare con il manifesto è Ibrahim Kaboglu, insigne professore di diritto costituzionale tra i più noti in patria e all’estero. Lo abbiamo incontrato alla Fiera internazionale di Smirne, in una sala gremita di studenti e attivisti dei diritti civili.

Kaboglu, strenuo difensore dei diritti umani, è tra gli accademici più critici verso la politica del presidente Erdogan. Il 7 febbraio scorso, assieme ad altri 329 docenti universitari di altre discipline, con un decreto emesso per lo stato di emergenza in corso, è stato licenziato dalla cattedra dell’Università di Marmara di Istanbul, per aver criticato i contenuti della riforma costituzionale e aver sottoscritto nel gennaio del 2016 l’appello per la pace nel sud est anatolico a maggioranza curda, assieme ad oltre mille accademici.

Ha pubblicato decine di libri sulla costituzione varata dai militari nel 1982, da lui più volte definita fortemente illiberale e repressiva. È sostenitore della scrittura di una nuova costituzione rispettosa dello Stato di diritto secondo i canoni della democrazia liberale.

Perseguitato da tutti i regimi che si sono susseguiti finora, prima dai governi militari, poi da quelli islamisti, il 10 aprile 2006, Kaboglu è stato processato insieme ad un altro noto intellettuale, Baskın Oran, professore dell’Università di Ankara, perché accusati di aver denigrato l’identità turca in quanto autori di un rapporto sulle minoranze etniche in Turchia.

Sono stati condannati a tre anni di carcere, ma la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza sotto la pressione di una mobilitazione di accademici internazionali.

«Sono stato licenziato per le mie idee, ai sensi di uno dei decreti emessi in stato d’emergenza – ci dice – Si tratta di decreti assolutamente anti-costituzionali. La costituzione è di fatto sospesa. Questo decreto, così come tutti gli altri, è fuorilegge, perché non è giustificato da alcuna valida ragione. Mi è stato presentato semplicemente un foglio in cui veniva notificato il mio licenziamento e che in calce conteneva una lunga lista di altri accademici. Il documento non riportava alcuna motivazione di tale atto».

Lei insegna anche alla Sorbonne di Parigi?

Sì, ma adesso non potrò più farlo perché mi hanno ritirato il passaporto e per ora non prendo nemmeno la pensione. Mi è stata sospesa.

Perché il governo si accanisce contro gli accademici?

L’obiettivo del governo è quello di eliminare il dissenso. Hanno un progetto mirante a colpire me e altri intellettuali critici. Vogliono annullarci. Quello che mi ferisce di più non è ciò che fanno alla mia persona, ma ciò che fanno al paese. La mia vicenda non la vivo come una battaglia personale, ma come una lotta per tutto il paese.

Erdogan non si accontenta del potere già ampio che ha?

È vero, Erdogan ha già un ampio potere nelle sue mani, ma vuole avere la possibilità di usarlo tranquillamente senza alcun ostacolo. E per tutto questo ha bisogno di una legittimazione costituzionale. Vuole essere l’uomo solo al comando del paese de iure, non solo de facto. Perché non si sente sicuro di poterlo sempre esercitare de facto: se la sua leadership dovesse indebolirsi, sarebbe più facile per gli oppositori o per i suoi avversari interni farlo cadere. Allora ha bisogno di avere sotto il suo controllo i sistemi esecutivo, legislativo e giudiziario. E in più di mantenere la presidenza del suo partito.

Dunque avremmo un presidente di un partito politico che è nello stesso tempo capo dello Stato, capo del governo e che avrebbe il pieno controllo del parlamento e della magistratura. In questo modo non avrebbe più alcun ostacolo all’esercizio del suo potere. Quando avrà tutto nelle sue mani, allora passerà alla seconda fase del suo progetto, in cui sarà “l’ingegnere sociale”.

In che senso farà ingegnere sociale?

L’ingegnere cosa fa? Costruisce, vero? Erdogan dice da tempo che vuol creare uno “Stato forte” e una società turca con i suoi valori tradizionali, molto serena, molto sviluppata, e per far questo, per costruire questo tipo di società, quella che lui definisce la “Nuova Turchia”, ha bisogno di tutto il potere.

Il suo progetto è quello di creare una società basata sulla religione, una società devota, sunnita. Nel background di Erdogan c’è questo richiamo molto forte alla religione. Egli stesso è stato educato nelle scuole religiose Imam Hatip. Ha quella mentalità e vuole trasformare la società secondo la sua visione religiosa.

Quando avrà nelle sue mani il controllo dell’esecutivo, del legislativo e del giudiziario, nessuno potrà contrastarlo e proseguirà nel suo progetto di costruzione di uno Stato forte nella regione secondo questa visione. Già da quando era primo ministro aveva come fine la realizzazione di tale progetto.

Nelle prime legislature del governo Akp, sembrava che Erdogan portasse avanti un’agenda democratica. Cosa è cambiato?

In realtà Erdogan non mai creduto nella costituzione delle democrazie europee, il suo riferimento è alla democrazia plebiscitaria. È sempre stato allergico al concetto di democrazia classica, non tollera chi la pensa diversamente da lui. Nei primi anni del suo mandato, diciamo fino al 2008, ha pensato alla rafforzamento del suo potere, poi negli ultimi anni ha dimostrato il vero Tayyip, le sue reali intenzioni. Nessuno l’ha frenato, nessuno gli ha detto di no o è stato in grado di contrastarlo.

Quando per la prima volta è stato eletto presidente della Repubblica con un suffragio universale, diceva che era stato il popolo a sceglierlo. Colui che ha la maggioranza, sostiene, deve poter governare senza rispondere a nessun altra autorità, perché il mandato popolare lo ha investito di pieni poteri e deve poter governare indisturbato.

Tutto quello che ha in mente di realizzare lo potrà fare semplicemente perché è stato scelto dal popolo. Questa è la democrazia secondo Erdogan. Tutto si risolve nel momento elettorale, chi vince ha carta bianca, perché incarna la volontà popolare.

I primi anni di governo gli sono serviti per impedire al potere militare di interferire nella sfera politica e lo ha fatto grazie all’agenda europea e per dare voce alle masse conservatrici e islamiche che non potevano esprimersi a causa della legislazione kemalista. Adesso deve portare a termine il suo progetto.

Pensa che la profonda crisi del rapporto con la Germania e l’Olanda accusate da Erdogan di mettere in atto pratiche naziste, perché fomenterebbero in Europa sentimenti anti-islamici e anti-turchi, rafforzi il Sì al referendum?

L’Unione europea dovrebbe tener conto di questo: non esiste solo Erdogan e quelli che la pensano come lui. Ci sono persone che la pensano diversamente. L’Europa deve essere ferma nel respingere ogni attacco, ma mantenendo fermi i propri valori e princìpi. Non deve far apparire Erdogan come una vittima, come persona che ha ragione a lamentarsi di una presunta discriminazione xenofoba. Altrimenti rafforzerà la sua immagine nel paese, facendolo apparire come unico difensore dei turchi, finendo con l’indebolire la nostra opposizione.

E dunque è stato un errore aver vietato ai ministri turchi di fare propaganda per il Sì in Olanda e Germania?

Magari i nostri i ministri turchi avessero potuto parlare in Germania! Sarebbe stato un bell’esempio per il popolo turco. Temo che invece sia stato fatto un regalo a Erdogan. Bisognava avere un maggiore attenzione, anche riguardo alle dinamiche politiche interne alla Turchia.

Se vincerà il Sì, cosa ne sarà dell’opposizione in questo paese?

Se dovesse vincere il Sì, sarà molto importante valutare in che proporzione. Se vincerà con un grande margine rispetto al No, per l’opposizione del paese sarà davvero finita, perderemo ogni speranza. Se la differenza tra il Sì e il No sarà minima, ci sarà ancora la possibilità di lottare con più forza e con più speranza.