Visto che la materia è sempre la stessa, il pessimo stato dell’edilizia scolastica in Italia, ecco qualche spunto per facilitare il ripasso ai ministri del governo Letta che si stanno sciaguratamente occupando di scuola e di chi ci lavora. C’è anche la sintesi per i più svogliati (il rapporto completo su www.legambiente.it): il 62% degli edifici scolastici sono stati costruiti prima del 1974 (anno in cui è entrata in vigore la normativa antisismica), il 37,6% ha bisogno di interventi di manutenzione urgente, il 40% non ha ottenuto il certificato di agilità, il 38,4% è stato costruito in aree a rischio sismico e il 60% non ha il certificato di prevenzione degli incendi.

Questo e altro ancora dice il rapporto di Legambiente “Ecosistema Scuola 2013” che ha monitorato 5.301 edifici scolastici di competenza di 94 capoluoghi di provincia. “Ancora oggi – sostiene Vanessa Pallucchi di Legambiente – non esiste un monitoraggio complessivo e sistematico dello stato di sicurezza delle scuole italiane. Per questo chiediamo che venga al più presto realizzata l’anagrafe dell’edilizia scolastica che attendiamo dal 1996, anno dell’entrata in vigore della legge 23 che la istituiva e che venga data la possibilità agli enti locali di operare in deroga al patto di stabilità per investire sulla messa in sicurezza delle scuola stesse”. Ecco una “grande opera” che non affascina i visionari della “ripresa dell’economia”.

Il rapporto di Legambiente segnala anche un aspetto positivo (l’unico), e cioè la capacità di alcune amministrazioni di rinnovarsi nell’ottica dell’efficienza energetica: dal 2008 al 2013 sono aumentate dal 6,3% al 13,5% le scuole che utilizzano fonti di energia rinnovabile. L’80% ha installato impianti solari fotovoltaici e il 24,9% dispone di impianti solari termici. La percentuale media di copertura dei consumi da fonti rinnovabili è del 35,6%, con isole felici come Prato dove si arriva al 100%. Tra le regioni più virtuose ci sono Puglia (59,1%), Veneto (32,7%), Abruzzo (28,9%), Sardegna (23,8%) ed Emilia Romagna (23,6%).

Altre statistiche, come sempre, confermano la disparità tra nord e sud. Trento, Prato, Piacenza, Pordenone e Reggio Emilia, per esempio, sono i primi cinque capoluoghi per qualità dell’edilizia scolastica, ed è solo alla 23esima posizione che si trova una città del centro, L’Aquila (il capoluogo abruzzese torna in graduatoria per la prima volta dopo il terremoto del 2009). Tra le grandi città si piazzano per prime Torino (13esima), Firenze (25esima) e Milano (33esima). Roma non è stata inserita perché ormai da diversi anni presenta dati incompleti, e non è un buon biglietto da visita.

La stessa disparità tra nord e sud si riscontra nel capitolo “investimenti” per la manutenzione ordinaria e straordinaria (in calo ovunque): nel 2012 l’investimento medio per edificio scolastico è stato di 30.345 euro contro i 43.382 del 2011. Una diminuzione netta che dimostra quali servizi essenziali subiscono per primi i colpi della crisi, ma in ogni caso nel nord la media di investimenti per la manutenzione straordinaria è quasi tre volte quella del sud, e questo nonostante la necessità di interventi più urgenti proprio nel meridione per la particolare fragilità del territorio (rischio idrogeologico, sismico e vulcanico).

Interessanti, infine, alcuni dati sull’ecosostenibilità della vita scolastica. Il 56,9% delle scuole serve prodotti biologici nei pasti, ma una mensa su tre utilizza piatti di plastica. Meno brillanti invece le prestazioni sul fronte acqua: solo nella metà delle scuole si beve acqua del rubinetto. Quanto alla mobilità urbana, è in aumento l’utilizzo dello scuolabus (lo utilizza il 30% delle scuole contro il 25,9% del 2011). Ma questo è proprio uno di quei servizi che rischia di saltare per i tagli agli enti locali.