Il decreto scuola sarà finanziato dall’aumento delle tasse sul consumo del vino e della birra, una tassa da 168 a 200 euro sugli atti ipotecari e catastali e l’aumento dell’imposta di registro su operazioni aziendali, un’altra di 50 euro sul comodato d’uso degli appartamenti. Una parte non trascurabile di un provvedimento che costerà 465,243 milioni di euro nel 2016 deriverà inoltre dal taglio di 52 milioni di euro dell’Aspi, l’Assicurazione sociale per l’impiego che garantisce un’indennità dell’80% sull’ultimo stipendio per massimo 18 mesi a chi viene licenziato. La scommessa del governo «che investe sulla scuola» è duplice: da un lato, aumenta la pressione fiscale sui consumi e sulla proprietà – quella che dovrebbe essere protetta dall’abolizione dell’Imu sulla prima casa e per le aziende; dall’altro lato, punta alla fine della disoccupazione di massa, tagliando il sussidio che dovrebbe tutelare chi perde il lavoro.

Nelle bozze del decreto in attesa di essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale la spesa è stata ripartita in tre anni in questo modo: nel 2013 si prevedono 13 milioni di euro, 315,535 milioni nel 2014, 411,225 milioni di euro nel 2015, 413,243 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016. Questi fondi serviranno, tra l’altro, ad assumere 43 mila insegnanti, 26 docenti per il sostegno degli alunni disabili, rifinanziare il fondo per il diritto allo studio (100 milioni di euro) e il welfare dello studente, più una serie di interventi contro la dispersione scolastica o la riduzione del costo dei libri di testo e il loro comodato d’uso.

Sono tre gli articoli del decreto, dal 25 al 27, che riguardano la copertura finanziaria e gli importi dei singoli provvedimenti. Dalle tasse sull’alcol e le imposte il governo si aspetta entrate per 413 milioni di euro dal 2016. Dal taglio degli ammortizzatori sociali verranno 52,302 milioni di euro, sempre a decorrere dal 2016. Nel 2014 la dotazione per l’Aspi perderà 8,7 milioni di euro, 34,8 milioni nel 2015.

L’aumento dell’accisa sugli alcolici a copertura economica degli impegni di spesa previsti porterà a un calo dei consumi di birra del 5 o 6% che colpirà «35 milioni di italiani». La stima è di Assobirra, l’associazione di settore che cura gli interessi dei produttori, secondo la quale l’Italia è diventata il paese produttore europeo con la pressione fiscale sulla birra più alta. Dal 1 gennaio 2014 le imposte sulla produzione e sui consumi della birra passerà a 2,70 euro per ettolitro e grado, quelle sui prodotti alcolici intermedi a 78,81 euro per ettolitro, quelle per l’alcol etilico a 920 euro. Dal 2015 passeranno, rispettivamente, a 2,99, a 87 e 1019 euro.

Il taglio dell’Aspi è un salto nel buio. Così impegnato a scommettere sulla «crescita» in arrivo, il governo non dev’essersi soffermato troppo sull’ultimo dato comunicato dall’Istat: nel 2013 il crollo del Pil sarebbe già arrivato a -2,1%. A fine anno raggiungerà probabilmente il -2,4% del 2012. Si dice che l’anno prossimo sarà tutta un’altra musica e la crescita arriverà, ma non si sa se insieme alla nuova occupazione. È tuttavia certo che, al momento, la disoccupazione continua ad aumentare. Lo ha confermato l’Inps secondo il quale le ore di Cassa Integrazione sono aumentate del 12,4% ad agosto rispetto allo stesso mese del 2012. Le ore autorizzate da gennaio di quest’anno sono state 704 milioni, con una diminuzione dello 0,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma visto che il governo intende tagliare l’Aspi bisogna osservare l’andamento di quest’ultima nel 2013. A luglio erano state presentate 192.311 domande, 33.200 di mini-Aspi. Nei primi sette mesi dell’anno sono state presentate 1.084.694 domande. Nel 2012 le domande di assicurazione contro la disoccupazione erano state 905.111. L’aumento è stato dunque del 19,8%.

I 69 mila neo-assunti iniziano a sperare che la recessione finisca davvero. In caso contrario, il ministero dell’Economia può decidere di chiudere i cordoni della borsa. In alternativa è sempre possibile che i disoccupati non ricevano l’Aspi a cui avrebbero diritto.