Martedì 10 marzo il Consiglio dei ministri renderà noti i numeri esatti delle assunzioni dei precari nella scuola. Sembra ormai certa la rinuncia del governo al decreto legge e la scelta di un disegno di legge. Il premier Matteo Renzi ha assicurato che i tempi saranno rispettati dal Parlamento. Resta da capire se il Parlamento è d’accordo con lui.

Anche nel caso in cui le aule approvassero la legge entro giugno, i tempi tecnici per le assunzioni rischiano di non essere rispettati, tenendo conto che il Miur ha bisogno di tempo per avviare le procedure necessarie. Il Comitato per la legge di iniziativa popolare sulla «Buona scuola per la Repubblica» (Lip) ha indicato il problema creato dal repentino cambio di strategia di Renzi: «È un ricatto al Parlamento – si legge in un comunicato – il governo strumentalizza l’assunzione dei precari al fine di ottenere una approvazione, senza adeguato confronto parlamentare, su tutti gli altri capitoli della riforma, non solo non urgenti, ma spesso dannosi per la scuola pubblica statale». La strada resta quella di «un immediato decreto legge».

Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini non ha escluso il ricorso a un decreto d’urgenza. «Obiettivo ineludibile è la copertura di tutti i posti vacanti, le cattedre, con personale di ruolo e non con supplenti annuali», ha detto. Un’ipotesi simile è stata avanzata anche da Pierluigi Bersani (Pd).

Dopo giorni di divisioni, reali o presunte, e di un’alluvione di indiscrezioni che puntualmente non hanno trovato conferma, il governo resta incerto sulla scelta del dispositivo legislativo da adottare. Né si conoscono le cifre esatte dei precari iscritti alle graduatorie in esaurimento (Gae) da assumere a settembre. Le cifre ondeggiano dai 95 mila ai 120 mila. L’unica certezza è che i precari non sono più 148 mila, diversamente da quanto ripetuto per mesi, e che il Cdm del 3 marzo ha approvato solo la copertina della «Buona scuola».

I docenti precari iscritti alle Gae hanno nel frattempo letto la bozza del decreto che il Cdm si appresterebbe a trasformare in disegno di legge. L’articolato conferma l’abolizione delle Gae. Stessa sorte dovrebbe toccare al cosiddetto “doppio canale” creato a suo tempo. La metà era reclutata dalle graduatorie, l’altra dal concorso come prevede la Costituzione. Con la «Buona scuola» non sarà più così. I 40 mila circa che non rientreranno nel piano assunzioni dovranno partecipare al concorso che verrà bandito a breve. Per gli iscritti alle Gae sarà una pesante discriminazione dopo avere atteso anni per l’immissione in ruolo, guadagnando ottime posizioni in graduatoria, con punteggi esorbitanti. Docenti che hanno garantito il corretto funzionamento della scuola saranno costretti a rifare un concorso già fatto. Con il rischio di essere nuovamente esclusi e finire disoccupati.

Per abolire il precariato, Renzi rischia di cancellare l’esistenza dei precari. Senza contare tutti gli abilitati nelle graduatorie di istituto e coloro che hanno lavorato più di 36 mesi negli ultimi cinque anni. Di questi solo poche migliaia saranno i prescelti. Per Alessio Calabrese, docente di filosofia e storia iscritto alle Gae di Napoli dal 2007 questo è il «trucco» nascosto dalla «buona scuola». «Mi sembra chiaro che non vogliono risolvere il problema del precariato storico nella scuola, ma puntano alla sua abolizione ex lege – afferma – Ciò che si apprestano a fare, chiedendo la complicità del Parlamento, è un atto illegittimo e illegale».

Se queste sono le premesse, è prevedibile che una montagna di ricorsi sommergerà il governo. Tra i più penalizzati ci saranno i docenti che insegnano filosofia e storia, discipline fondamentali nell’insegnamento dei saperi umanistici. Il ministro dell’Istruzione Giannini ha annunciato l’intenzione di potenziare discipline come la storia dell’arte, l’economia o il diritto, ma non filosofia e storia. Una classe di concorso non particolarmente affollata (circa 4 mila docenti) rischia di essere spazzata via.

«Dopo l’ennesima fumata nera, si può vedere quali frutti sta dando la presunzione del governo di fare tutto da solo: il nulla più totale – sostiene Francesco Scrima (Cisl) – l’unica priorità è l’assunzione dei precari». I Cobas annunciano una manifestazione sotto il Parlamento martedì 10 dalle 16 e uno sciopero generale il 5, 6 e 12 maggio: «Tutto l’armamentario della scuola-azienda e della misera scuola-quiz è stato confermato – sostiene Piero Bernocchi – Come il blocco dei contratti e il tentativo di aggirare la Costituzione aumentando i finanziamenti alle scuole private». «I provvedimenti annunciati dal governo sono un ulteriore attacco alla scuola pubblica– sostiene Domenico Pantaleo (Flc Cgil) – Riducono i salari e affermano un potere discrezionale dei dirigenti in tema di valutazione».