Nel Decreto scuola che il governo sta preparando mancherà una soluzione per i 6 mila docenti «quota 96» vittime della riforma Fornero delle pensioni. Lo ha annunciato nella serata di ieri Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione cultura alla Camera: «E’ un vulnus per la credibilità del Pd che alla soluzione del problema ha dato pieno avallo politico». La soluzione di questo pasticcio era stata promessa dal Pd anche in campagna elettorale. Sembra che i fondi necessari siano stati assorbiti dall’abolizione dell’Imu sulla prima casa.

Di questo disastro non sapevano ancora nulla le centinaia di docenti precari («quota 96», i vincitori del concorsone che non sono stati assunti, i precari storici) che ieri si sono mobilitati davanti ai provveditoriati in molte città italiane.

Sei, ventitre, diciassette, quaranta. I numeri scritti sulle maglie gialle indicano gli anni di precariato. Queste le divise scelte dal gruppo «Precari contro la crisi», insegnanti attivi in rete che ieri pomeriggio hanno protestato a Roma e saranno a Montecitorio con un presidio fino al 9 settembre, giorno in cui il consiglio dei ministri dovrebbe indicare dove prendere i 600 milioni per le assunzioni e gli incarichi dei docenti. Oggi più che mai la cifra è incerta, visto il disastro annunciato dalla Ghizzoni.

A pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico, anche i problemi delle altre categorie del precariato non sembrano affatto risolti. In molte regioni mancano le graduatorie definitive di presidi e docenti. Se la ministra dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza rivendica con orgoglio l’assunzione di 11.628 docenti, dal coordinamento precisano che «nemmeno la regina dei tagli Gelmimi aveva fatto peggio: è una cifra insignificante se si pensa che gli insegnanti vincitori di concorsi e abilitati, in attesa del passaggio di ruolo, sono oltre 150 mila. Quest’anno sono stati incaricati 100 mila docenti. Dunque lo spazio c’è. Dobbiamo evitare che la chiamata diventi la prassi e il concorso a cattedra un calvario».

Fra le prime a prendere il microfono Francesca, insegnante d’inglese alle superiori e precaria da dieci anni.«Speriamo che il consiglio dei ministri convocato per il 9 trovi le risorse per passare dalle promesse ai fatti. Ancora nessuno ci dice come risolvere il problema degli inidonei, gli oltre 3500 docenti che dovrebbero transitare verso mansioni di solito svolte da personale Ata».

Al presidio c’erano anche i «quota 96»: Francesco, catanese, 61 anni: «Sono in quota 101, ho quarant’anni di servizio, insegnavo tecnologia prima nelle scuole serali e poi alle medie. Grazie alla riforma del precedente governo non posso andare in pensione, ma il giudice del lavoro mi ha dato ragione. Ora aspetto il pronunciamento della Corte costituzionale il 19 novembre e intanto partecipo al presidio». Ieri c’erano anche Bernardo e Giovanni, campani , ma per motivi di lavoro trapiantati a Roma.«Ci siamo abilitati in educazione fisica e sostegno, infatti per anni abbiamo lavorato con ragazzi disabili. Io all’inizio viaggiavo da Castellamare, poi mi sono rassegnato a trasferirmi. Quest’anno, contrariamente a quanto ci avevano promesso, le assunzioni sono molte meno». L’anno scorso infatti, in cambio di 22 mila nuovi assunti, i prof di sostegno si sono fatti bloccare lo scatto stipendiale. In proposito il prossimo consiglio dei ministri già ha abbassato la cifra a 18 mila nei prossimi 2 anni.

Mara è venuta dalla Sardegna per protestare, oggi è già di ritorno a Cagliari. «Ho cinquant’anni, la mia storia comincia nel ’90: sono laureata in economia e ho niziato a insegnare informatica, poi nel 2000, grazie a Berlinguer, mi hanno annullato cattedra e punteggi. Ho preso finora altre sei abilitazioni, l’ultima col Tfa, e ora insegno geografia,una materia che sta sparendo dai programmi di quasi tutte le scuole».