Nel discorso per la fiducia alle Camere il presidente del Consiglio Mario Draghi aveva le idee chiare: un anno di scuola a singhiozzo, tra Dad e presenza, non bastano. Ci vogliono doppi turni e lezioni fino all’estate per recuperare quelli che la burolingua neoliberale scolastica chiama «apprendimenti», vale dire: i saperi, le conoscenze, le capacità, le relazioni, gli affetti. A questo scopo sono tornati d’attualità i test Invalsi che la folta platea dei soliti tifosi voleva usare per fare scontare agli studenti quello che lo Stato, le regioni e due governi non sono riusciti ad assicurare in un anno di pandemia: il loro diritto all’istruzione e la continuità didattica in presenza.

Ieri, nel corso dell’audizione davanti alle Commissioni Cultura riunite di Senato e Camera sul «Piano nazionale di ripresa e resilienza», il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha fatto marcia indietro: «Il problema degli apprendimenti non si risolve negli ultimi 20 giorni di giugno» ha detto. Quanto alla richiesta che circola in queste ore di fissare l’inizio del prossimo anno scolastico il primo settembre, Bianchi ha detto di essere «assolutamente convinto che serva riprendere la scuola in presenza, a partire dalle aree periferiche, ma c’è un ruolo rilevante delle Autonomie, il calendario lo fanno le Regioni». Non si è soffermato sulla creazione di un’autonomia differenziata nei fatti, anche nell’istruzione, provocata dallo scontro tra Stato-regioni: il primo, con il governo che procedeva a colpi di «Dpcm» e chiudeva e riapriva le scuole; le seconde che hanno richiuso e riaperto le classi con le loro ordinanze. E i Tar regionali a fare da arbitri in un sistema in preda al caos che ha penalizzato studenti, docenti e personale, le famiglie.
A proposito di riaperture, prepariamoci a un nuovo round.

Nel ministero dell’Istruzione e nella mega-maggioranza del governo Draghi, ha iniziato a prendere corpo un nuovo fronte che chiede la riapertura dei nidi, delle materne e delle elementari. Lo ha sostenuto la sottosegretaria Barbara Floridia (M5S) con i Cinque Stelle e il Pd. È passata meno di una settimana dal decreto con il quale il governo ha rimesso in Dad otto studenti su dieci. Continueranno fino a dopo Pasqua, mentre tutte le altre scuole di ogni ordine e grado resteranno davanti a un Pc. Perché, si dice, i contagi partono dagli studenti con più di dieci anni. Ma questo, ha ricordato il nuovo consulente di Bianchi alle emergenze e ex presidente del Cts Agostino Miozzo, non è chiaro perché mancano i dati. «Tutto questo dice molto su come è stato allestito il racconto sullascuola, di come governo e amministratori locali hanno preso e prendono le decisioni – sostiene il movimento «Priorità alla scuola» che protesta davanti alle scuole e prepara uno «sciopero della Dad» e uno sciopero sociale insieme ai Cobas il prossimo 26 marzo.

Bianchi ha incontrato ieri i sindacati ai quali ha prospettato un «patto per l’istruzione», analogo a quello firmato dal ministro della P.A. Brunetta con i sindacati confederali. Il piano dovrebbe prevedere un »ordinato e efficiente» avvio del prossimo anno scolastico e una «visione della scuola» in vista del Recovery Fund: a misura di azienda e dell’istruzione come formazione professionale. Sugli oltre nove miliardi previsti, «1,5 miliardi» andranno «all’Istruzione professionalizzante» e soprattutto «agli Its» («hanno bisogno di dieci volte tanto», «intervengano i privati») e 4,52 mld per le «Stem» (cioè le discipline tecno-scientifiche applicate) e «multilinguismo». E poi ci sarà la riforma dei cicli scolastici con il superamento della «scuola media». Si cerca di capire se la scuola resterà una fabbrica di precarietà: l’anno prossimo avrà oltre 200 mila precari. Dopo un anno di scontri con Lucia Azzolina i sindacati ieri sono sembrati sollevati per avere recuperato un confronto con il ministro in carica. Dovranno presto iniziare a preoccuparsi anche dei contenuti. ro. ci.