Il conto alla rovescia per il ritorno a scuola non è mai stato angosciante come quest’agosto. Tutti i Paesi del mondo dove non si è ancora tornati in aula si stanno misurando con la ripresa delle lezioni mentre il virus si mantiene ancora attivo e circolante. Ma ora due cose in più le sappiamo: che si contagiano tutti, che i bambini trasmettono il virus più o meno come gli adulti, che gli ambienti chiusi, affollati e poco ventilati sono l’habitat perfetto per ottimizzare la diffusione del virus, e che l’uso delle mascherine può aiutare a diminuire la diffusione del virus. Ben poche scuole, però, nel nostro e negli altri Paesi sono davvero preparate ad affrontare in sicurezza l’inizio dell’anno scolastico.

LO SI EVINCE IN QUALCHE modo dal rapporto pubblicato la settimana scorsa dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). Anche se con la premessa che gli studi epidemiologici e clinici sui bambini sono ancora parziali e frammentari, nel documento di 30 pagine il Centro segnala alcune (temporanee) conclusioni, proprio pochi giorni dopo il richiamo dell’Onu a riaprire le scuole per evitare «una catastrofe generazionale». Se è vero che i bambini, in generale, tendono ad avere sintomi più lievi (e che i minori di 18 anni costituiscono solo il 4% dei casi totali, e di questi, quasi la metà tra i 12 e i 18 anni), secondo l’Ecdc, proprio la scarsa gravità dei sintomi fa sì che in molti casi non vengano diagnosticati.

Ma questo è un bel problema perché, sempre secondo altre ricerche citate nel report, il virus viene propagato dai bambini in maniera molto simile a come avviane negli adulti (anche se non è ancora chiaro, per tutti, la relazione fra la presenza di Rna virale e la sua contagiosità).

Ma focolai sono già stati documentati in ambienti scolastici, anche se, per i sintomi leggeri a volte risulta difficile identificarli. Secondo il centro, con sede a Stoccolma e formato da tutti i Paesi della Ue più Regno unito, Islanda, Liechtenstein e Norvegia, anche se le evidenze «suggeriscono che riaprire le scuola non è stato associato ad aumenti significativi nella trasmissione comunitaria», e dato che «se vengono applicate misure appropriate di distanziamento e igiene, è improbabile che le scuole siano ambienti più efficaci nel propagare il virus che altri contesti con densità comparabile di persone», è comunque chiaro che saranno ambienti a rischio.

È certo, secondo gli esperti europei, che la sola chiusura delle scuole non sia una misura particolarmente efficace per proteggere la salute dei bambini, dati i sintomi leggeri che li colpirebbero, e soprattutto, avvertono da Stoccolma, le misure di controllo sulla scuola devono essere coerenti con altre misure prese in altri ambiti sociali: insomma, niente penalizzazione di alunni e famiglie se poi non si limita l’accesso ai luoghi di lavoro al chiuso o ad altri contesti di simili caratteristiche di rischio.

IN UN ALTRO DOCUMENTO pubblicato proprio ieri, l’Ecdc ha spiegato che è importante fare tamponi a tappeto nelle scuole «per assicurare l’identificazione rapida dei casi fra studenti e docenti, per tracciare i contatti, per le misure di controllo e quindi per ridurre la trasmissione»; per «identificare l’infezione in studenti e adulti a rischio» e infine per migliorare le ricerche e i dati proprio sul ruolo dei bambini nel contagio.