Cara maestra

mi dispiace molto di non essere stata presente  alle lezioni di fine anno. Le devo dire che all’inizio ero felice e mi divertivo a fare le lezioni online e a fare i compiti. Lo sa perché? Perché io trovavo sempre qualcosa da dire o da fare. Poi, proprio alla fine dell’anno, mi sono intristita e tirata indietro perché non mi andava più di fare le lezioni in questo modo e mi mancavano la scuola e i compagni. Per questa cosa sono molto dispiaciuta, però c’è anche un’altra cosa di cui mi pento molto: di non avervi mai detto che non ne potevo più di fare le lezioni così. Di questo sono molto triste, mi dispiace tanto, ho perso il controllo.

Mi dispiace ancora tanto

Ciao un abbraccio forte forte!

Da Guendalina Carelli, V elementare

Didattica a distanza, Roma, 8 giugno 2020

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Anche quest’anno scolastico è finito. Scuola a distanza l’abbiamo chiamata, ma voi bambine/i e ragazze/i ci state ricordando che la distanza non fa scuola, nonostante alcune vostre insegnanti sostengano il contrario. Ripenso ai primi amori a 13/14 anni: «State insieme da una settimana? Così tanto?» La percezione del tempo è una condizione che varia moltissimo con l’età.

Sarete «giudicati» in pagella per quello che non vi è stato dato, che vi era già stato sottratto da tempo, in verità. Penso a materie come la seconda lingua o musica o arte o tecnologia o motoria, tutti specialismi rimasti sulla carta dopo l’intervento Gelmini, una «rapina» più che una «riforma»: in quattro anni, dal 2008 al 2012, la formazione ha subito tagli per 10 miliardi e 100 mila cattedre (-10,4%, secondo la UE, lo aveva già scritto qui Roberto Ciccarelli il 26/3/2013); un numero che una seppur tradiva stabilizzazione dei precari, il cui concorso è rimesso al miglioramento epidemiologico (!), oggi avrebbe almeno parzialmente colmato. C’è poi la questione dei fondi: la scuola deve ripartire a settembre in presenza e in piena sicurezza e per farlo sono stati stanziati 4,3 miliardi, ammesso che arrivino in tempo. Il programma di prevenzione vorrebbe coinvolgere strutture, palestre, musei, oratori, trasporti, sindacati, tutto quello che può servire per garantire un distanziamento sociale impossibile e, sembrerebbe, anche scarsamente utile secondo l’opinione del virologo Guido Silvestri, in una lettera-appello firmata da molti scienziati, che ci mette in guardia dal considerare realizzabile un qualsiasi obiettivo a rischio zero. Di questo denaro sembra che solo 360 milioni saranno tempestivamente destinati all’edilizia scolastica che riguarda 28 mila edifici che cadono a pezzi o non sono a norma da anni (una media di 12.857 euro cad.) che vanno anche puliti: fino a oggi sono state le squadre di genitori a farlo. Un approccio, dividere, che dribbla sulla scarsa qualità dell’offerta scolastica. Questa è forse la prima ingiustizia sociale delle vostre giovani vite: diritti sottratti, promesse che non vengono mantenute. Dubito che sarete valutati, invece, per il periodo che avete vissuto, per le assenze strutturali, per le contraddizioni pandemiche. Come potrebbero. Dovreste essere voi a valutare il Sistema.

Dopo un paio di mesi di sperimentazione ed entusiasmo mia figlia scrive che ha «perso il controllo», e ci sta. La cosa grave è che non ha trovato ascolto, neppure da me nonostante sia rimasta attaccata a loro per mesi. La sua insegnante ha detto che no, non ha faticato, anzi. Che la DaD è un’esperienza, che si è riposata (forse lei, noi no), che non è il «Male» ma una risorsa per sostenerci in un momento difficile, che molti bambini sono stati esclusi, e quello si è davvero triste. Che non devo «compatirla» (mi sento più empatica che compassionevole comunque), che devo starle accanto perché faccia «il suo dovere». Che dovrei seguirla di più, di non sentirmi mortificata per questo.  Io ho deciso di essere solidale, invece. Di aiutarla a rappresentare i suoi diritti di giovane cittadina almeno fino a quando non saprà farlo da sola.

Questa quarantena e le sue limitazioni, che anch’io ho preso in maniera frizzante all’inizio, voi bambini e ragazzi rischiate di pagarla almeno quanto i vostri amatissimi nonni, i lavoratori e chi il lavoro l’ha perso o non più trovato. A riprova, casomai ce ne fosse bisogno, che la società è una comunità molto più complessa di quella che fa comodo considerare. Non possiamo permettere un’altra «generazione della crisi», come già accadde a quella, dimenticata, del 2008.

Oggi, per fortuna o per forza, ci liberiamo di questo tossico anno scolastico, ma sono in troppi a non aver capito o voluto leggere le contraddizioni e le assenze di questa immensa sottrazione che vi è stata inflitta. Questo mentre al governo non riescono neppure a immaginarla una società diversa.

Sono arrabbiata certo, perché in un sistema fatto di assenze non si può chiedere «di più» agli altri siano essi ragazzi, bambini, genitori o insegnanti. Perché derubricare quest’esperienza come fosse una facility è dannoso se pensiamo a cosa potrebbe (non) accadere a settembre. Oggi saluterete una scuola che chiude senza avervi riaperto le porte neppure per un giorno. Saluterete insegnanti che non avete visto. Ma sarà comunque un rito di passaggio che lascerà una traccia, la vostra impronta di bambini e ragazzi: disegni, parole, performance per descrivere la vostra esperienza di corpi contaminati di vita. Anche questo significa crescere. Prenderete quelle parole che siete tanto impegnati a imparare e ne farete delle reti, traccerete i contorni di questa quarantena, per dire «noi esistiamo e vogliamo le scuole aperte».

Per anni avete condiviso amicizie, corso scalmanati, dipinto, imparato, festeggiato. E noi genitori ci siamo battuti: per i giardini, per le insegnanti, per un campo sportivo, per le attività integrative, per la carta igienica sempre. Per la comunità scolastica insomma. Momenti intensi e bellissimi: ogni scuola è magica a saperne cogliere le infinite potenzialità. Siamo in molti ad avere cura della «nostra scuola» che ha bisogno dell’amore e dell’impegno di tutti, insieme a tanta determinazione. Il prossimo anno, in questo clima d’incertezza, inizieranno comunque nuove avventure. Spero in una buona ripresa, ci mancherebbe, ma ciò non accadrà senza impegno e tenacia e solo la cura del comune può fare una certa differenza, di questi tempi specialmente.

Sono arrabbiata, chi non lo sarebbe con la prospettiva di vedere i figli finire in un barattolo di plexiglass. Ma sono anche ottimista. Voi ragazzi più grandi, a cui una società fuori sincro che non molla il potere getta addosso ogni livore, camminerete senza permettere a nessuno di fermarvi, spero. I più piccoli vanno comunque avanti allegramente, si incontrano di nuovo, si abbracciano, corrono ridendo. Per tutti la forza è in quelle vostre menti creative e in perenne movimento, nell’amore per gli amici e per il mondo, nell’onestà delle vostre bugie. Nel mio piccolo, non mi unirò a chi pretende il vostro dovere, cercherò di capire qual è il mio invece: la solidarietà e l’empatia suppongo, tutto ciò di cui avete bisogno per crescere forti e giusti; e cercherò di tutelare il vostro diritto di essere liberi di imparare dagli altri e con gli altri, fino a quando non sarete capaci di farlo da soli e presto: il nuovo anno siete voi.

Per questo anch’io e le mie bambine saluteremo la fine delle elementari davanti al cancello di quella scuola in cui sono cresciute, così come migliaia di altri saranno di fronte a centinaia di altre scuole oggi e nei prossimi giorni in tutta Italia. Mentre gli insegnanti si mobiliteranno per i propri e nostri diritti. Lo faremo, in sicurezza naturalmente, anche nelle piazze e nei parchi grazie alla rete di associazioni e comitati romani #Apritiscuola che ha fatto un lavoro di tessitura e di costruzione del comune enorme.

 

Roma, Lunedì 8 Giugno 2020 – ultimo giorno di questo incredibile anno scolastico e primo giorno di sciopero