Brividi a Palazzo Madama per il partito della nazione. In commissione istruzione al Senato, dove ieri è cominciata la discussione sul Ddl Scuola, Renzi non ha la maggioranza. Il partitone dell’ex 41 per cento avrebbe, al momento, 14 voti contro i 12 dell’opposizione. Le squadre sono così composte: il Pd ha 9 senatori. La sua maggioranza si allarga ai 3 di Area Popolare e a un senatore di Autonomie. La squadra dell’opposizione schiera 5 senatori di Forza Italia, 1 di Sel, 1 della Lega, 1 dei fittiani (Di Maggio, passato all’opposizione), 3 del M5S e 1 del Misto (Italia Lavori in corso). A modificare questo equilibrio precario potrebbero essere i «dissenti» della minoranza Dem in commissione: Walter Tocci e Corradino Mineo, sulla carta ostili alla «buona scuola». E poi il passaggio di Tito Di Maggio da Gal al nuovo gruppo dei fittiani, potrebbe complicare le cose. Nel day after delle regionali, sulla Scuola Renzi rischia di andare allo sbaraglio, totalizzando un 11 a 12. Il Pd sembra in apnea, al punto che nel pomeriggio di ieri è stata convocata una riunione urgente del gruppo Pd per fare quadrare i conti.

La sinistra interna ha proposto un emendamento a prima firma Miguel Gotor, insieme a 15 senatori, per riscrivere l’articolo 10 del Ddl sul piano straordinario delle assunzioni che include i docenti abilitati con il Tirocinio Formativo Attivo (Tfa) e Pas, quelli nelle altre fasce di insegnamento e gli abilitati che hanno lavorato oltre 36 mesi e per tre anni anche non consecutivi. Si chiede inoltre di assumere gli idonei del «concorsone» del 2012, fin’ora esclusi. La relatrice Pd al Ddl Scuola Francesca Puglisi non ha detto di no a questa modifica: «Vedremo». Sul tavolo cì’è anche la richiesta sul ritiro degli oltre 400 milioni alle paritarie. Stefano Fassina ha promesso di uscire dal Pd. E, a quanto pare, altri potrebbero seguirlo.

Resta da capire se i 24 senatori «dissidenti» decideranno per il «No» al governo se Renzi non concedere modifiche che stravolgono l’impianto del suo Ddl. Nel frattempo Walter Tocci, ha proposto un «innovativo metodo legislativo». Il Ddl andrebbe ridotto a pochi articoli, le norme sulle assunzioni vanno modificate e approvate subito, per non mettere a rischio l’inizio dell’anno scolastico, mentre la commissione si prenderà il tempo per «riscrivere la legge». È «la mossa del cavallo che abbiamo proposto a Renzi» sostiene. Ma Renzi tace.

Per Renato Brunetta, capogruppo Forza italia alla Camera, questa melina in un Pd lacerato è la premessa di un «Vietnam al quadrato al Senato». Alla fine, per Brunetta «vincerà la Cgil e Renzi mollerà tutto alle clientele a gogò». In questa singolare lettura, le clientele sarebbero quelle sindacali e non quelle che i presidi-manager formeranno grazie alla norma voluta dal Pd. Del resto si sa che Forza Italia è sensibile al fascino del corporativismo aziendalista che ha cercato di introdurre con il Ddl Aprea.

Tra i 2200 emendamenti depositati, c’è quello firmato dai relatori Puglisi e Franco Conte (Ap) che riscrive il contestato articolo 2 del Ddl, quello sul «preside-manager». La nuova formulazione attribuisce al dirigente il potere di garantire «un’efficace ed efficiente gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali». Linguaggio da marketing della gestione delle risorse umane, proprio dell’aziendalizzazione imposta dal centro-sinistra sin dalla riforma Berlinguer. Il tutto sarà spostato all’articolo 9 del Ddl, ma mancano ancora i dettagli. Tipo quello che permetterà ai presidi italiani di chiamare direttamente i docenti neo-assunti dagli albi triennali territoriali. O quello che darà loro il potere di attribuire direttamente un aumento di stipendio al 5% dei docenti con la poco più che simbolica dote da 200 milioni di euro accantonata dal governo.

Per la ministra dell’Istruzione Giannini il Senato si limiterà a «una ripulitura del testo, la scaletta temporale resta invariata» ha detto. «È vergognoso che Renzi utilizzi gli insegnanti precari come strumento di ricatto e di contrattazione politica contro gli avversari interni al suo partito e gli alleati di governo» sostengono i parlamentari dei Cinque Stelle. «I nostri 263 emendamenti rafforzano il governo democratico della scuola – sostieneAlessia Petraglia, capogruppo di Sel in commissione Istruzione al Senato – e contrastano con la proposta del governo di un uomo solo al comando».