Certezze sulle modalità di accesso all’insegnamento e l’indizione immediata del concorso per l’assunzione di nuovi docenti. Sono queste le richieste avanzate ieri da Flc Cgil, Link Coordinamento Universitario e Associazione dottorandi italiani (Adi) nei presidi organizzati a Roma, Napoli, Milano, Bologna, Bari, Avellino e Modena. «Basta giocare con il nostro futuro. Concorso scuola subito!» si è letto su un grande striscione srotolato ieri davanti al Miur. Le organizzazioni che rappresentano neolaureati, dottorandi di ricerca, docenti e precari hanno criticato la confusione e l’incertezza generata dal susseguirsi di dichiarazioni discordanti del Ministro dell’istruzione Marco Bussetti.

«DOPO MESI in cui si è parlato dell’abolizione dei 24 Cfu – ha detto Alessio Bottalico, coordinatore nazionale di Link – ora tornano in auge senza che gli atenei abbiano avviato i pacchetti. Numerosi studenti, laureati e dottori di ricerca vivono nell’incertezza di quello che sarà il loro futuro e del percorso da intraprendere per poter accedere all’insegnamento. È inaccettabile poter partecipare a una sola classe di concorso».

NELLA BOZZA di legge di bilancio presentata il 29 ottobre, che potrà essere modificata entro la fine dell’anno, il governo ha inserito le linee di riforma dei prossimi concorsi. Tra i requisiti d’accesso sono confermati i 24 crediti formativi universitari (Cfu) nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e in metodologie e tecnologie didattiche, da cui saranno esentati solo i docenti abilitati. Potranno partecipare alle prove per l’accesso all’insegnamento i laureati, indipendentemente dal fatto che abbiano prestato servizio; i precari con tre anni di insegnamento; i docenti abilitati. La prova sarà composta da due scritti e un orale. Chi supera il concorso dovrà restare nella stessa scuola in cui avrà svolto i dodici mesi di prova almeno altri quattro anni.

IL MINISTRO BUSSETTI ha confermato la volontà di cancellare il percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (Fit) introdotto dal governo Renzi nel maggio 2017. «Per il reclutamento ordinario dei docenti abbiamo previsto un sistema più veloce rispetto a quello previsto dalla cosiddetta Buona Scuola – ha detto Bussetti – Sono troppi tre anni di attesa per diventare insegnanti». La cancellazione del «Fit» garantirebbe maggiori possibilità ai laureati che non hanno già lavorato nella scuola, ma rischia di penalizzare i precari inseriti nel percorso istituito dalla normativa precedente. Su questo punto, le organizzazioni che si sono mobilitate affermano: «I limiti del Fit e la sua eccessiva durata sono evidenti e più volte li abbiamo denunciati. Ma questo non può giustificare l’abbandono di migliaia di persone che nutrono legittime aspirazioni per la professione docente». Ai precari storici, quelli che negli otto anni scolastici precedenti al concorso avranno svolto almeno trentasei mesi di servizio, dovrebbero essere garantiti il 10% dei posti complessivi.

QUELLO DELLA FORMAZIONE
e dell’inserimento dei nuovi docenti è uno dei numerosi problemi che investono oggi il lavoro precario nella scuola. Ad esempio le 32.217 cattedre che non sono state assegnate nel corso del 2018; la situazione dei circa settemila insegnanti della scuola primaria e dell’infanzia assunti a tempo indeterminato per la vertenza dei diplomati magistrali: saranno licenziati e non hanno certezze sui tempi del concorso. «Il Miur quest’anno non è riuscito ad assegnare l’intero contingente delle assunzioni e più di 32mila posti sono rimasti vacanti – afferma Francesco Sinopoli (Flc Cgil) – Una situazione senza precedenti. Servono misure straordinarie per assumere i docenti abilitati il prossimo settembre».

*** Studenti contro il governo il 16 novembre
«Il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha fatto tante promesse – sostengono Link, Uds e Rete della Conoscenza che protesteranno in tutto il paese il 16 novembre – ma nella manovra ci sono tagli per decine di milioni all’istruzione». Di Maio ha annunciato che finanzierà istruzione e ricerca aumentando le tasse ai «petrolieri». Basteranno per rifondere il settore dei 7 miliardi tagliati in 10 anni?