L’annuncio dello sciopero degli scrutini da parte dei Cobas e dell’Unicobas alimenta un valzer di dichiarazioni che allontano l’attenzione dalle mobilitazioni contro il Ddl scuola che da domani fino a mercoledì percorreranno il paese da Nord a Sud.

Piero Bernocchi (Cobas) ha annunciato ieri due giornate di blocco delle attività in tutte le regioni: l’8 e 9 giugno in Emilia-Romagna e Molise; il 9 e 10 in Lazio e Lombardia; il 10 e l’11 in Puglia, Sicilia e Trentino; l’11 e 12 in Liguria, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria, Campania e Veneto; il 12 e 13 in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Val d’Aosta; il 17 e 18 in Alto Adige. L’Unicobas di Stefano D’Errico farà la stessa cosa tra l’8 e il 18 giugno. «Avremmo preferito una convocazione unitaria – sostiene Bernocchi – ma riteniamo che vadano rotti gli indugi per dare con urgenza un forte segnale che tranquillizzi i docenti e che dimostri la legittimità della forma di lotta proposta».

I sindacati più rappresentativi (Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola, Gilda, Snals) si riuniranno in settimana per decidere. Francesco Scrima (Cisl) conferma quanto già detto a Il Manifesto il 13 maggio scorso: «Abbiamo un confronto in atto. Ci aspettiamo un atto di responsabilità da parte del governo. Dopo questo confronto unitariamente, con gli altri sindacati, decideremo cosa fare, se e come proseguire la mobilitazione».

Tutto dipende dal governo che ieri ha fatto sapere «di avere ricevuto i sindacati già tre volte» con la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini. Diversamente da quelle di Ercole, è stata una fatica inutile dato che i sindacati prevedono di alzare la conflittualità arrivando ad uno sciopero degli scrutini, il primo dal 1989. Lo show-down avverrà dopo l’approvazione del Ddl alla Camera prevista mercoledì 20 maggio.

Il loquace presidente dell’autorità di garanzia per gli scioperi Roberto Alesse ha fatto sapere che il blocco dei Cobas è «illegale». «Chi si muove fuori dalle regole danneggia solo e soltanto studenti e famiglie, e a loro dovrà spiegare le ragioni di un eventuale blocco illegale degli scrutini – ha detto – l’autorità, come annunciato nei giorni scorsi, valuterà la legittimità dell’atto di proclamazione nelle prossime ore e lo farà con rigore a tutela degli utenti». «Il Garante fa rispettare la legge dell’accordo sulla scuola, non fa polemica con sindacati più o meno rappresentativi». Una precisazione inopportuna. La polemica è più virulenta che mai, e non l’hanno iniziata i sindacati.

La legge 146 del 1990 riconosce il diritto di sciopero durante gli scrutini tranne che per le terze medie o le quinte liceo. Il preside non può sostituire i docenti che scioperano, né rinviare lo scrutinio a sciopero già proclamato. Modificare la data significa limitare il diritto di sciopero. Lo scrutinio è sospeso e rinviato fino a cinque giorni. Tecnicamente non è un «blocco», ma un rinvio. L’impatto politico della protesta sarà grande.

È nell’interesse del governo Renzi distogliere l’attenzione dalle proteste con questa disfida in punta di diritto. Domani la scuola torna in piazza. Ad Aosta, ad esempio, è stato annunciato il presidio permanente di 24 ore «Riforma sì, ma non così» davanti al palazzo regionale. Lo stesso slogan sarà usato sugli striscioni al presidio davanti alla Prefettura di Varese dalle 8 alle 11. Previste due manifestazioni a Foggia e a Brindisi.
Il centro della protesta sarà a piazza Montecitorio a Roma dove domani e martedì è stato organizzato uno «speakers’ corner». Mercoledì sono state proclamate tre ore di assemblea in tutte le scuole della Capitale per permettere ai docenti di partecipare al presidio. Si pensa di costruire una catena umana per «circondare» il Parlamento. Le organizzazioni studentesche hanno annunciato la loro partecipazione.

Ieri Renzi ha inaugurato la saga del #matteorisponde su twitter. Nel lodevole intento di rispondere alla marea montante della protesta, il presidente del Consiglio si è attestato sull’imperativo del suo «storytelling»: simulare il dialogo e andare avanti per incassare una riforma che completa il suo disegno autoritario. «Faremo tesoro di suggerimenti e critiche». E poi: «Ddl scuola calato dall’alto? Ascolto da settembre, dalla consultazione online». Quella che ha bocciato uno dei pilastri della «Buona Scuola»: l’abolizione degli scatti di anzianità. Ma questo Renzi non lo dice.