Le politiche di governo hanno reciso, nel corso dell’ultimo ventennio, il filo della condivisione dei saperi, delle passioni, delle memorie, hanno ridotto drasticamente gli spazi di accesso alla conoscenza e trasformato scuole e università da territori di costruzione di cittadinanza a luoghi di indottrinamento di competenze per consumatori o produttori economici.

La “Buona scuola”, voluta dai designers della governamentalità dell’era Renzi e diligentemente applicata dalla ministra Fedeli, si rivolge ai docenti come a operatori di problem solving, promotori di auto-imprenditorialità competitiva e animatori digitali in una scuola che è definitivamente un’azienda.

La richiesta di moratoria della Legge 107 che viene dalla scuola incrocia le ragioni di chi non rinuncia ad opporsi, ad otto anni dalla approvazione della riforma dell’Università targata Gelmini, al commissariamento e alla burocratizzazione della ricerca, alla contrazione drammatica del diritto allo studio, all’introduzione del simulacro dell’eccellenza a mascherare pratiche contabili desunte dalle agenzie di rating.

Sulla scuola e l’università si saldano oggi le politiche dell’istruzione con le politiche sul lavoro: il vilipendio dei diritti e la sottrazione alle comunità dei loro beni chiede la complicità del mondo della conoscenza, per soffocare il conflitto e addestrare alle parole d’ordine del mercato.

La riforma dell’istruzione (in Italia e nel quadro europeo) è figlia della necessità di allineare i cittadini e le cittadine alla ricetta neoliberista per cui la crescita è disuguaglianza e la scelta è limitata a un lavoro senza diritti o a diritti senza lavoro.

Per rompere la miseria — politica e umana— di questo modello liberal-taylorista occorre recuperare il senso di una battaglia disposta a rifiutare la tenaglia del corporativismo e pronta a rivendicare la natura unitaria e complessa delle discipline e delle conoscenze, il legame necessario tra produzione dei saperi e loro diffusione democratica, decisa a riconoscere il diritto allo studio generalizzato come possibilità di concepire la crescita culturale di un Paese.

L’incertezza della politica nella difesa della scuola e dell’Università pubbliche ha dimostrato che a guidare le scelte di questa classe politica è qualcosa che non ci rappresenta.

L’Officina dei saperi, insieme agli estensori dell’Appello per la scuola pubblica, all’Associazione Nazionale Per la scuola della Repubblica e a Comune-info.net, ritiene urgente costruire un momento di confronto con tutte le forze in campo (singoli, movimenti, associazioni).

L’invito è a una partecipazione corale e spontanea, che renda più forte e coesa la voce del dissenso. Il 16 marzo, a Roma, anfiteatro di “Spin Time”, via Santa Croce in Gerusalemme, 55, la giornata sarà aperta a docenti di scuola e università, studenti, precari della ricerca, lavoratori della conoscenza e cittadini per testimoniare, rappresentare, riflettere, discutere, proporre, progettare.

Chi fosse interessato ad aderire e a contribuire da subito al dibattito su questi temi può inviare riflessioni e proposte all’indirizzo articoli@officinadeisaperi.it