Il presidente del Consiglio Mario Draghi vuole tenere aperte le scuole al pomeriggio pagando 350 euro in meno i docenti e il personale Ata rispetto alla media di figure analoghe della pubblica amministrazione. Ai giovani che hanno ascoltato la sua accorata prolusione ieri durante una visita al Punto Luce di Save the Children di Torre Maura a Roma Draghi ha detto che la scuola «deve essere comunità», ma non ha specificato che, per fare comunità, ci dev’essere qualcuno che lavora in maniera dignitosa e al meglio delle sue possibilità, né ha specificato in che modo e chi dovrebbe fare questo lavoro, al pomeriggio. «Il governo ha investito moltissimo per la creazione delle palestre, per il tempo pieno» ha aggiunto.

Quei «miliardi» non andranno a chi vive la scuola con gli studenti, saranno nel «piano di ripresa e resilienza» dove però al momento manca la voce più importante: le lavoratrici e i lavoratori. Né questi soldi ci sono nella prima legge di bilancio varata dal governo «dei migliori». Andranno certamente alle imprese che costruiranno gli edifici. Ci saranno tante palestre, e anche asili, ma chi dovrà lavorarci non avrà nulla di più di quel poco che gli viene concesso.

«Se guardiamo a quello che sarà l’impatto delle risorse stanziate nella manovra – sostengono i sindacati della scuola Flc Cgil, Uil, Gilda e Snals – il quadro è desolante: 87 euro di aumento previsto a cui si potranno aggiungere 12 euro, e non per tutti». E parliamo di stipendi tra i più bassi, in proporzione, tra i paesi Ocse, con un contratto scaduto da tempo.

Nella manovra di quest’anno il governo ha inventato un nuovo criterio per dividere le briciole: la «dedizione».. I sindacati hanno fatto notare che nel testo la mancanza di aumenti dovuti sarà compensata con il classico criterio morale al quale si ricorre per stigmatizzare il carattere oblativo di chi insegna, soprattutto il lavoro delle donne. Questo dettaglio è significativo dell’idea propagandistica ed economica della scuola. Si finanziano le imprese, gli immobili, non la forza lavoro. E i fondi per l’istruzione sono limitati a quella tecno-professionale solo funzionale a un certo tipo di imprese. Il Pnrr stanzia 1,5 miliardi di euro solo per gli istituti tecnici superiori: «scuole di eccellenza ad alta specializzazione tecnologica post diploma».

Dopo giorni di stato di agitazione, ieri ci sono stati presidi in diverse città, ieri Flc Cgil, Uil, Gilda e Snals hanno rotto le trattative con il ministro dell’Istruzione Bianchi. Chiedono il rinnovo contrattuale, risorse per l’«organico Covid» tra il personale Ata, interventi che non ci sono stati per diminuire gli alunni per classe, non solo nei grandi centri urbani ma su tutto il territorio nazionale. E, ancora: il precariato sul quale continua a reggersi la scuola in Italia. Oggi i sindacati annunceranno, in una conferenza stampa, altre proteste, probabilmente uno sciopero generale a dicembre.

L’abbandono di una vera politica per l’istruzione che coinvolga gli studenti in primo luogo, promessa a parole dagli ultimi due governi (Conte 2 e Draghi) è stata denunciata dagli studenti venerdì scorso in 80 città. A Roma si moltiplicano le occupazioni. Ieri sono stati occupati i licei Righi e Machiavelli. L’altro ieri sono stati occupati i licei Aristofane, Nomentano e Orazio e l’I.I.S. Pacinotti-Archimede. Sono 17 gli istituti occupati nella Capitale. «La pandemia ha evidenziato le profonde carenze dell’istruzione – dicono gli studenti degli ultimi 4istituti – E ha messo in discussione la scuola in quanto ammortizzatore sociale delle disuguaglianze. 543 mila giovani l’hanno lasciata nel 2020». Contestano il «sistema delle valutazioni che riduce lo studente a un numero». Rivendicano il superamento della «didattica frontale e verticale», parlano di «crescita personale non in funzione delle logiche di mercato e della domanda di lavoro». Gli studenti chiedono sportelli di ascolto e supporto psicologico e una collaborazione con i centri antiviolenza.