Per lavorare nella scuola, in questa nostra Italia di oggi, aver studiato o aver vinto concorsi non basta. Come non basta avere insegnato come precari per anni e anni, anche decenni. Quello che è necessario e indispensabile è sempre un avvocato. Si procede così: con ricorsi e carta bollata. Non c’è altra possibilità, sembra.
La notizia, a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico, dell’improvviso ripensamento del Miur sulla questione trasferimenti degli insegnanti, dà bene l’idea di come questo governo, sul fronte scuola, si trovi in questo momento in grande difficoltà e proceda a tentoni. Si tratta dell’ammissione inequivocabile delle migliaia di errori sui trasferimenti della scuola primaria. Per la precisione oltre 2mila e 600 ricorsi, il 15 per cento. E, contemporaneamente, del tentativo maldestro da parte del governo di correre ai ripari per non peggiorare la situazione. Ma anche le ritirate, occorre farle con un minimo di intelligenza e strategia che qui, evidentemente, mancano.
A questo punto viene da chiedersi: e l’85 per cento? Insomma, siamo all’improvvisazione e al fai-da-te. Al caos che regna sovrano e si alimenta con altro caos. All’ora dei dilettanti allo sbaraglio. Un’operazione sbagliata, ma che non si vuole ammettere di aver sbagliato parlando di piccole “imperfezioni”, che però così piccole non sono se coinvolgono almeno il 15 per cento delle persone.
Un’operazione completamente da rifare, insomma, che più si cerca di rattoppare e più diventa tragicomica.