Lo sciopero degli scrutini si estende ai sindacati più rappresentativi della scuola con modalità diverse da quello proclamato da Cobas, Unicobas e Usb. Ieri Flc-Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals e Gilda hanno confermato l’astensione dalla prima ora di servizio per tutti gli scrutini in ciascuna delle prime due giornate delle operazioni («Il Manifesto», 16 e 21 maggio). La protesta unitaria non sarà dunque di un’intera giornata, ogni docente di asterrà per un’ora a turno facendo slittare gli scrutini di cinque giorni. «Avverrà nel pieno rispetto delle disposizioni di legge e contrattuali, salvaguardando le legittime aspettative di studenti e famiglie» precisano i sindacati in una nota.

È la risposta alle esternazioni del loquace Roberto Alesse, presidente dell’Autorità di garanzia per gli scioperi, i cui reiterati pre-avvisi di precettazione degli insegnanti non hanno fatto arretrare i sindacati, né li hanno divisi come auspicavano il Partito Democratico e la ministra dell’Istruzione Giannini. Lo sciopero si farà e, come previsto dalla legge, non riguarderà le «classi terminali», quelle cioè che affrontano l’esame di terza media o di maturità, ma tutte le altre, di ogni ordine e grado. Venerdì 5 giugno, dalle 21, saranno organizzate fiaccolate di protesta contro la riforma della scuola ormai giunta in seconda lettura al Senato. Titolo dell’iniziativa: «La cultura in piazza». «Abbiamo molte idee su come migliorare la riforma e non si tratta di aspetti marginali» ha confermato la segretaria Cgil Susanna Camusso.

Alla manifestazione nazionale contro il governo Renzi le maggiori sigle sindacali sembrano avere preferito le fiaccolate. Il profilo basso si spiega con la volontà di tenere aperta la trattativa e «apportare al testo «profondi cambiamenti»: estensione del piano di assunzione ai docenti con contratto a tempo determinato e al personale amministrativo; abolizione della «chiamata diretta» dei docenti da parte del «preside manager»; rifiuto della valutazione dei docenti con concetti arbitrari e rinnovo del contratto nazionale. Praticamente un altro mondo rispetto a quello sognato da Renzi che ha festeggiato il passaggio alla Camera del Ddl come la fine dei «presidi passacarte». A parole, l’apertura di modifiche al Ddl al Senato viene ventilata da giorni. Una delle minoranze Pd alimenta le voci con l’infelice battuta di Bersani che si è detto «felicissimo di votare la riforma» in caso di cambiamenti sui presidi e le assunzioni.

Parole che produrranno contraccolpi e malumori tra i docenti che chiedono il ritiro del Ddl e attaccano il Pd.Dal governo non arrivano segnali di vero cambiamento, quelli attesi dai sindacati almeno. Giannini crede di «avere bilanciato le funzioni del preside». Così è difficile instaurare un dialogo. Per sviare il movimento, Renzi ha aperto all’ipotesi dell’assunzione per gli insegnanti di seconda fascia delle graduatorie di istituto, abilitati ma esclusi dalle 100.701 assunzioni previste nel Ddl. «Ci stiamo ragionando – ha detto- mi dà noia che qualcuno ha fatto il Tirocinio formativo attivo e lo ha pure pagato». Per la cronaca, sono migliaia i detentori di un Tfa pagato all’incirca 3 mila euro per alimentare il business delle abilitazioni che non valgono, ad oggi, un’assunzione. E che forse domani potrebbe valere una chiamata diretta dal preside, con un anno di prova e massima disponibilità ai suoi voleri. Senza contare che al concorso del 2016 per 60 mila docenti lo Stato chiederà un altro contributo. Tra tattica e annunci, i sindacati e la ministra Giannini si incontreranno nuovamente lunedì 25 maggio per la quarta volta. Gli altri incontri non hanno avuto esito.