Cinquemila addetti alle pulizie hanno bloccato ieri viale Trastevere a Roma, davanti al ministero dell’Istruzione, manifestando la loro opposizione contro il taglio al fondo per le pulizie delle scuole previsto dal governo Letta nel «decreto del fare»: meno 25 milioni nel 2013, meno 49 milioni nel 2014 su un fondo di 390 milioni di euro che sarà spalmato su 9 mesi, anziché 12, con una riduzione dello stipendio di circa 300 euro mensili.

La protesta è durata molte ore in uno spicchio di città tenuta sotto assedio. Gli elicotteri della polizia hanno stazionato sul tetto del Miur per ore, mentre la fatica dei lavoratori cresceva, in attesa dell’esito degli incontri che i funzionari del ministero hanno tenuto con una delegazione di lavoratori e con i sindacati. Nel frattempo l’esasperazione è cresciuto sino al punto che un gruppo ha strappato alcuni rami dagli alberi, dandogli fuoco. C’è stato un momento di concitazione, la polizia che presidiava in forze l’entrata del ministero ha caricato. Il panico si è diffuso tra i lavoratori ex Lsu, la stragrande maggioranza di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Non certo dei «sovversivi», e nemmeno appartenenti al cosiddetto «movimento» dei «forconi» che tanto preoccupa il governo in queste ore.

«Ci hanno scambiato per delinquenti – sostiene Savino del comitato «XIII febbraio» di Barletta – prima ci hanno caricato, e uno di noi è stato trasportato in ambulanza in ospedale, un collega di Manfredonia, poi i poliziotti si sono tolti i caschi in segno di solidarietà». Verosimile o meno, il dettaglio del casco calzato sulla testa degli agenti è diventato un simbolo ricorrente in questi giorni. Com’è stato ampiamente spiegato dai sindacati di polizia e dalle questure di mezza Italia nel caso dei «forconi», gli agenti se lo tolgono quando vengono meno le ragioni della tensione. E di tensione, ieri sera a Trastevere, ce n’era poca. Molta era invece la disperazione.

Il taglio delle risorse destinate al servizio di pulizie nelle scuole – spiega l’Usb che ha proclamato uno sciopero il 16 dicembre – è stato gestito in appalto da Consorzi di aziende e cooperative, quelle per cui lavorano 22 mila ex-Lsu Ata in tutto il paese. Il Miur ha indetto una gara Consip con ribassi fino al 70% per le nuove aggiudicazioni. Il risultato, aggiunge la Filcams Cgil, è che oggi più di 15 mila addetti «sono in fase di licenziamento», altri 8500 rischiano di perderlo a livello territoriale. In questa drammatica partita giocata dal governo, che stenta a trovare le risorse nella legge di stabilità per rimediare a questo scenario, la Puglia è la regione messa peggio. Al punto che tutti i parlamentari della regione hanno presentato un emendamento in commissione Bilancio dove si chiede almeno la proroga del taglio che partirà il 1 gennaio. Fino ad oggi questa richiesta non è stata ascoltata. Ieri, in strada, c’erano molti lavoratori pugliesi.

Come Ernestina che vive da anni con 800 euro, è separata, con due figli di 20 e 24 anni, entrambi lavorano. «Tra di noi – afferma – ci sono molte donne separate, il loro unico reddito è questo, molti hanno un mutuo come me. Difficile vivere dignitosamente con uno stipendio che il prossimo anno sarà di 400 euro». A Ernestina mancano tre anni per estinguere il mutuo, e venti per andare in pensione. «Sarà dura – aggiunge – ad una certa età è difficile trovare lavoro in un paese dove non ne esiste più. Quello che chiedo è solo la tranquillità di pensare al futuro». La protesta continuerà ancora, non c’è dubbio.