Alcuni la considerano la vera strategia di Renzi: trattare con il sindacato per rompere il fronte finora unitario. E l’anello debole della catena è da tutti considerata la Cisl. L’unica confederazione che non ha scioperato contro il Jobs act, quella che storicamente ritiene qualsiasi tavolo come lo strumento per arrivare ad un accordo, ad un compromesso. Le parole di apertura al dialogo di Annamaria Furlan all’uscita dall’incontro di palazzo Chigi sono suonate come un campanello d’allarme per gli altri sindacati. Ma da via Po confermano che la decisione su come muoversi ora e su possibili nuove proteste «spetta alla categoria».

Francesco Scrima, segretario della Cisl Scuola da 10 anni. Il fronte unitario dei sindacati della scuola terrà o siete pronti a rompere appena Renzi farà qualche piccola concessione?
Secondo me non c’è il rischio della tenuta. Perché a palazzo Chigi noi sindacati della scuola ci siamo presentati con una piattaforma comune che noi abbiamo esplicitato assieme a tutti gli altri. Però Annamaria Furlan non vuol sentir parlare di blocco degli scrutini. Dice che colpirebbero solo famiglie e ragazzi.

Il blocco degli scrutini è una extrema ratio. Capisco voi giornalisti che cercate il titolo ma concentrare tutto su questa forma di protesta è sbagliato. Questa non è la prima vertenza che faccio unitariamente. E le posso dire che un conto sono le dichiarazioni che alcuni sindacalisti fanno fuori da palazzo Chigi e un conto sono quello che dicono dentro.

È un’accusa grave.

Non mi permetto di giudicare il comportamento degli altri sindacati. Dico semplicemente che noi della Cisl, che siamo un sindacato contrattualista, diciamo sempre le stesse cose sia al governo che ai giornalisti. Inoltre mi lasci dire una cosa: la sinistra è sempre stata contraria al blocco degli scrutini, era una cosa da sindacati autonomi o corporativi.

Il blocco degli scrutini e un nuovo sciopero è stato annunciato in caso di mancato accoglimento della vostra piattaforma. E quindi sul merito dei problemi. A partire dalla richiesta di un decreto sulle assunzioni. Ma la vostra confederazione ieri parlava invece di un piano pluriennale, non di decreto.

Il decreto lo vogliamo tutti. Così come tutti pensiamo che il decreto non risolva il problema del precariato. E quindi tutti chiediamo un piano pluriennale di assunzioni. Mi spiego meglio: dati i tempi brevi per la discussione della riforma abbiamo chiesto un provvedimento di urgenza per assicurare le 100mila assunzioni per l’inizio del prossimo anno scolastico. Ma il solo decreto non basta. Dobbiamo dare risposte agli abilitati, agli Ata e ai supplenti che dopo la sentenza della Corte europea hanno diritto all’assunzione. E lo si può fare in due-tre anni.

Lo sforzo di equilibrismo però andrà misurato con le risposte del governo. Quali punti dovranno essere soddisfatti per accettare una mediazione e ritirate le proteste?

I punti prioritari delle nostre richieste di modifica sono tre: precariato, super poteri dei presidi e contratto. Sul precariato ho già detto. Sui poteri dei presidi siamo contrari al fatto che possano decidere chi assumere, con gli assurdi albi territoriali, e chi premiare. In più la modifica fatta dalla commissione è folle: per togliere potere a loro si è deciso che la valutazione degli insegnanti la fanno anche studenti e genitori. Infine c’è il tema del contratto bloccato da sette anni e del fatto che solo la contrattazione può trattare del salario accessorio e dei premi.

Sta dicendo che se non verranno accettati tutti e tre le proteste andranno avanti?

Sto dicendo che se i risultati ottenuti non saranno considerati soddisfacenti tutti assieme e unitariamente decideremo cosa fare.

Quindi non esclude il blocco degli scrutini e un nuovo sciopero?

Ripeto: il blocco degli scrutini è l’extrema ratio. Non gridiamo al tuono prima di vedere il lampo. La responsabilità ora è nelle mani del governo che deve modificare ampiamente la riforma. E per ora non lo ha certamente fatto in modo soddisfacente. Siamo in attesa di una convocazione per discutere con il ministro Giannini. Vedremo come andrà e poi decideremo il da farsi. Senza anticipare le reazioni. Perché diversamente è inutile sedersi al tavolo.