Da un lato l’inventore di Napster, insieme a Martin Scorsese, Peter Jackson, Steven Spielberg e J.J. Abrams; dall’altro James Cameron, Christopher Nolan, l’associazione delle sale cinematografiche indipendenti e quasi tutte le catene dei multiplex. L’ultimo dibattito tra grandi players del cinema hollywoodiano non riguarda l’uso del digitale versus quello della pellicola ma la nascita di un nuovo startup, Screening Room, la sala di proiezione. Si tratta di un sistema di streaming che, grazie a una scatola a prova di pirateria, acquistabile al costo 150 dollari, porterebbe i film di prima visione nei salotti americani lo stesso giorno dell’uscita nei cinema. Prezzo del biglietto per ogni film (valido per un arco di quarantott’ore): 50 dollari.

La proposta di Sean Parker, il digital-imprenditore della Virginia, a sedici anni nel mirino dell’FBI per hackeraggio, e che, oltre a cofondare Napster e Plaxo, è stato il primo presidente di Facebook (Justin Timberlake in The Social Network), rivelata da Variety il 9 marzo scorso, aggiungerebbe una nuova variabile al già intricato quadro del rapporto tra distribuzione cinematografica e home video. Un quadro che oggi include opzioni day and date come quella offerta da Netflix che fa coincidere la distribuzione dei suoi film in sala con quella in streaming per gli abbonati alla piattaforma.

Se il rapporto tra l’uscita in sala e l’accesso domestico, attraverso i servizi di video on demand, si è fatto più flessibile per quanto riguarda i circuiti di sale e i piccoli distributori indipendenti (con la possibilità che un film arrivi prima in vod e poi nei cinema; o, addirittura, che il vod sia usato come base di lancio per l’uscita in sala), l’associazione degli esercenti a cui fanno capo le grosse catene di multiplex è finora riuscita a impedire che la stessa permeabilità si verifichi per il cinema prodotto dalla majors, che può totalizzare decine di milioni di dollari al botteghino in un solo week end. È a quel mercato che punta l’idea di Parker, che (investimento nella scatola di trasmissione a parte) è prezzata in base a quanto – tra biglietti e popcorn o affini- spende una famiglia di tre/quattro persone per andare al cinema a vedere Star Wars, The Avengers, o l’ultima commedia di Judd Apatow. Senza contare il costo della benzina, parcheggio e eventuale gita in pizzeria dopo il cinema.

La combinazione pragma-democratica dell’idea ha incontrato l’adesione, anche in qualità di azionisti, di autori come Steven Spielberg, Martin Scorsese, Robert Zemeckis, Ron Howard e Peter Jackson. In un comunicato stampa, con cui annunciava il suo sostegno a Screening Room, Jackson ha detto che il nuovo startup «non solo non sposterà il consumo di un film dalla sala al soggiorno di casa, ma ne espanderà il pubblico. Non è fatto per mettere esercenti e studios uno contro l’altro. È strutturato per incoraggiare la salute a lungo termine dell’esercenza e della distribuzione, garantendo così il futuro dell’industria del cinema». Per addolcire la pillola, il progetto di Parker prevedrebbe di ritagliare dai 50 dollari del singolo biglietto una porzione (fino ai 20 dollari) per gli esercenti e una percentuale anche per gli studios.

Secondo Variety, major come la Fox e la Universal starebbero prendendo in considerazione l’offerta. Mentre, tra le catene di multisale, solo la AMC ha per ora manifestato interesse. Mercoledì scorso, l’Associazione degli esercenti ha rilasciato una dichiarazione secondo cui «qualsiasi trattativa per limitare la finestra tra l’uscita in sala e quella in home video va condotta direttamente tra studio e cinema, senza terze parti». A sorpresa, però, l’opposizione più dura al nuovo startup non è arrivata dai multiplex ma dalla Art House Convergence, un gruppo di cui fanno parte 600 sale indipendenti che fungono anche da distributore (un po’ come i vecchi cinema d’essai).

Per la AHC, molti dei cui membri lavorano già in collaborazione con le piattaforme di Vod, il problema non è l’uscita sala/casa in contemporanea, ma un modello finanziario «inaffidabile» che non garantirebbe maggiori incassi e che, oltre a incoraggiare la pirateria e a minacciare la sopravvivenza sale, svaluterebbe l’esperienza stessa dell’«andare al cinema». La pensano come loro anche James Cameron e Christopher Nolan: «non capiamo perché l’industria stessa dovrebbe incentivare il pubblico a evitare il modo migliore per sperimentare l’opera d’arte che fatichiamo tanto a creare», hanno detto Cameron e il suo produttore Jon Landau.