«Entrare nel Pd oggi che Renzi annuncia di uscirne? Calma. Noi siamo più ambiziosi. Siamo nati dicendo che manca in Italia una forza socialista e laburista.

L’analisi resta la stessa. Il punto dunque non è quello che fa Renzi, ma quello che fa il Pd». Arturo Scotto, ex capogruppo di Sel e oggi coordinatore di Articolo 1, è alle prese con gli ultimi dettagli organizzativi della festa nazionale di Articolo 1 che inizia domani a Roma, alla Città dell’altra Economia. Quartiere Testaccio, «giallorosso come il governo».

L’evento era stato immaginato quando il partito era esangue e all’opposizione. Invece, dopo la crisi ferragostana e la nascita del nuovo governo, la kermesse si è trasformata nella prima festa della maggioranza «giallorossa». Piena zeppa di grillini oltreché – ma questo era scontato – di esponenti dem e delle variegate sinistre. Ci sarà il premier Conte e il ministro Vincenzo Spadafora (entrambi giovedì 19 settembre, rispettivamente alle 18 e alle 21), si aspetta il sì definitivo della ministra del lavoro Nunzia Catalfo. «Il nostro programma oggi si è arricchito» – fra gli altri parleranno Alexis Tsipras, Massimo D’Alema, Michele Santoro, David Sassoli, Gianni Cuperlo, Pier Luigi Bersani, Francesca Redavid, Nicola Fratoianni, Elly Schlein – «ma tengo a dire che Conte e Spadafora avevano detto sì già a luglio, prima della crisi. E noi li avevamo invitati perché la nostra ipotesi politica, da sempre, era quella di disarticolare la maggioranza gialloverde». Ma era l’epoca dei «#senzadime».

In pochi ci credevano. Invece è successo. «Anzi adesso possiamo addirittura immaginare alleanze nei territori, a partire alle regionali», ragiona Scotto con legittima soddisfazione. «Certo, serve discontinuità rispetto al governo M5S-Lega. Ma anche rispetto agli ultimi governi del Pd».

Ecco un altro punto cruciale della festa. Che non a caso sarà inaugurata domani 18 settembre (ore 18) con un dibattito fra il segretario Nicola Zingaretti e Roberto Speranza, neoministro della sanità ma qui in veste di segretario di Art.1. L’argomento del confronto è «un nuovo centrosinistra».

E qui torniamo all’imminente addio di Renzi, al ventilato ritorno nel Pd degli «scappati di casa», la sprezzante definizione renziana (copyright Roberto Giachetti) che si ritorce contro chi l’ha detta, ora che a scappare di casa sono loro. Per una fortunata coincidenza qui Zingaretti si potrebbe trovare a commentare la scissione renziana. Si vedrà. Certo Speranza non annuncerà l’ingresso nel Pd. Spiega Scotto: «Avanziamo un’altra proposta. Con umiltà: siamo consapevoli dei rapporti di forza fra il Pd e noi», il 18 per cento contro il 3,4 (alle politiche del 2018 Art.1 era presente con le insegne di Leu, quindi nel computo vanno messi anche i voti di Sinistra italiana), «non mi piace la boria di partito quindi figuriamoci la boria di partitino.

Però oggi sappiamo che nessuno è autosufficiente, e che è fallito il modello del Pd, di cui Renzi è figlio legittimo. Il modello del primarie, della equidistanza fra lavoratori e impresa. Oggi tutti chiedono di finirla con la sinistra frantumata e con le competizioni fratricide e con le scelte suicide. I nostri elettori, tutti, ci chiedono il cambiamento e l’unità delle forze progressiste».

Morale della favola, la proposta di Articolo uno è «una costituente per un nuovo soggetto di sinistra», annuncia Scotto. Già sentita, è vero. Ma fin qui suonava come una pretesa. Irrealizzabile. Adesso tutto è cambiato. Quello che sembrava mission impossible ora è diventato persino probabile. Miracolo del nuovo governo gialloverde, per il momento l’unico. Ma, abbiamo imparato, mai mettere limiti alla provvidenza rossa.