Accompagnata dal ripetersi di sanguinosi attentati di matrice jihadista, la campagna elettorale britannica che era stata annunciata come una sfida all’ombra della Brexit, si è trasformata in una sorta di referendum sulle paure e la domanda di sicurezza che cresce tra i cittadini del Regno unito.

Con il risultato che la premier conservatrice Theresa May si vede ora raggiungere nei sondaggi dai laburisti di Jeremy Corbyn che solo un mese fa sopravanzava di quasi 20 punti. E con il paradosso, almeno apparente, che proprio il Labour rimprovera ora al Primo ministro epigono di Margaret Thatcher, gli scarsi risultati ottenuti contro il terrorismo, oltre che i forti tagli di budget imposti all’intelligence e alle forze dell’ordine durante il suo mandato come responsabile degli Interni tra il 2010 e il 2016.

LA RINCORSA CON LA DESTRA sul tema della «sicurezza», per quanto assortita da una difesa del multiculturalismo che caratterizza la società britannica e da una denuncia delle responsabilità belliche del paese, può infatti pagare sul piano elettorale immediato, ma espone pur sempre la nuova linea laburista incarnata da Corbyn a più di una contraddizione.

Oltre ai controlli e alle misure di polizia, il paese si è infatti dotato da tempo di uno specifico dispositivo di prevenzione del radicalismo politico e religioso legato a fenomeni di terrorismo. Si tratta del cosiddetto piano d’azione «Prevent», varato già nel 2003 dal governo di Tony Blair e che fu messo a punto nuovamente nel 2011, quando May era responsabile degli Interni, e che si basa su una connessione costante tra i rappresentanti delle diverse comunità, le associazioni di quartiere, i servizi sociali e le forze dell’ordine con l’obiettivo di individuare coloro che sono in procinto di radicalizzarsi. Attingendo alle informazioni raccolte da questa rete, polizia e servizi possono intervenire sia per operare fermi che per indirizzare le persone coinvolte verso il programma di deradicalizzazione Channel.

SOLO TRA IL 2015 E IL 2016, tramite il circuito di «Prevent» sono arrivate ai responsabili dell’antiterrorismo qualcosa come 7.500 segnalazioni, vale a dire, sono fonti di Scotland Yard a indicarlo, più o meno una ventina al giorno. Nel 37% dei casi non si è ritenuto di dover procedere in alcun modo, un quarto del totale degli individui considerati non sono stati giudicati davvero a rischio di radicalizzazione, mentre 1 caso su 10 è stato oggetto di una specifica azione investigativa e il resto, vale a dire il 28% delle segnalazioni, è ancora in corso di valutazione e approfondimento. Inoltre, indica ancora la stessa fonte, circa la metà dei casi ha riguardato il fondamentalismo islamico, mentre uno su dieci era legato all’estrema destra. Quanto all’efficacia del dispositivo, malgrado il paese sia stato colpito a più riprese da attacchi kamikaze a partire dal 2005, ancora lo scorso anno il governo di David Cameron ne ha vantato i buoni risultati parlando di 1.000 persone avviate al programma di deradicalizzazione, di 150 bloccate mentre erano in procinto di raggiungere le fila dello Stato Islamico in Siria e Irak.

Questo, mentre la nuova direttrice di Scotland Yard, Cressida Dick, ha ricordato come le forze dell’ordine abbiano sventato ben 13 attentati tra il 2013 e l’inizio di quest’anno. Proprio Cameron, e May, non erano però riusciti a far approvare nuove misure per rendere l’arsenale legislativo anti-terrorismo ancor più duro. In particolare i poteri straordinari chiesti per le forze dell’ordine e la possibilità di colpire i cosiddetti «predicatori d’odio» dell’Islam radicale, come le associazioni religiose o comunitarie e i loro luoghi di ritrovo, erano stati avversati sia dai lib-dem, alleati dei conservatori, che dalla sinistra Labour che li avevano giudicati alla stregua di un attacco alla libertà di espressione.

ORA, IL PARTITO DI CORBYN si mostra diviso sulla possibilità di un inasprimento delle norme, mentre a sinistra c’è chi critica anche «Prevent» che considera un «invito alla delazione di massa». Una vittoria giocata sul tema della sicurezza potrebbe rivelarsi da questo punto di vista piuttosto problematica, prima di tutto sul fronte interno allo stesso Labour.