Dopo mesi in cui viene minacciato e puntualmente rinviato, lo scontro tra Unione europea e i paesi dell’Est che si rifiutano di accogliere migranti dall’Italia e dalla Grecia sta per esplodere.

Secondo fonti Ue, infatti, oggi o al massimo domani la Commissione europea potrebbe inviare a Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca la lettera di costituzione in mora che segna l’avvio di una procedura di infrazione.

Dei tre paesi, i primi due non hanno accolto neanche un migrante da quando, nel 2015, la Commissione guidata da Jean Claude Juncker fissò il principio delle quote obbligatorie tra gli stati membri, mentre il terzo ha messo a disposizione appena 12 posti. Diversa, ma di poco, la posizione della Slovacchia, che ha accolto 16 migranti dalla Grecia.

La notizia di possibili sanzioni non ha però scalfito la compattezza dei quattro paesi che compongono il gruppo di Visegrad.

«La politica delle quote non ha funzionato», hanno ribadito i rispettivi ministri degli Interni che ieri si sono incontrati a Varsavia. «Crediamo che il ricollocamento dei rifugiati abbia un effetto ’chiamata’ – ha aggiunto il ministro polacco Mauriusz Blaszczak – e servirà solo ad attirare nuovi flussi di migranti in Europa».

La Polonia ha anche annunciato di voler indire nel 2019 un referendum per decidere se accettare o meno rifugiati. Nel mirino di Bruxelles anche l’Austria, che però nelle scorse settimane ha acconsentito a mettere dei posti a disposizione per l’accoglienza.

Lo scontro era nell’aria da tempo, anche se va detto che le istituzioni europee rischiano di uscirne ulteriormente indebolite se non avranno ragione dei paesi ribelli. Anche perché Budapest, Varsavia e Praga non sono certo le uniche capitali ostili al meccanismo delle quote.

Nelle prossime ore la Commissione Ue presenterà il tredicesimo rapporto sull’andamento dei ricollocamenti e non potrà che confermare quanto sancito dai precedenti dodici, ovvero che il meccanismo dell quote in realtà non è mai decollato veramente. 18.418 persone al 12 maggio scorso, delle quali 5.711 dall’Italia e 12.707 dalla Grecia.

Un fallimento, tanto più che il progetto prevedeva che i migranti da ricollocare dovessero essere 160mila entro il prossimo mese di settembre.

Per difendersi dalle accuse dell’Ue, Ungheria, Polonia e repubblica Ceca punteranno molto probabilmente sui rischi alla sicurezza nazionale derivanti dall’immigrazione.

Per i duri di Visegrad le minacce di sanzioni sono «prive di fondamento» visto che – ha proseguito Blaszczak, «la politica di sicurezza è di competenza nazionale e non comunitaria». Un modo per mettere le mani avanti anche sulla possibilità di vedersi tagliare (come più volte proposto dall’Italia) i ricchi finanziamenti europei.