Ignorata per anni dai mezzi d’informazione, nonostante sia teatro di uno dei processi di colonizzazione israeliana più intensi e di abusi a danno dei palestinesi che vi risiedono, la Valle del Giordano da qualche settimana occupa spazi sempre più evidenti sulle prime pagine dei giornali in ebraico e in arabo. Lo sviluppo (si fa per dire) delle trattative bilaterali Israele-Anp fortemente volute dal segretario di stato Usa John Kerry, ha riportato in superfice l’importanza eccezionale di questa porzione di Cisgiordania occupata che, dopo Gerusalemme, rappresenta il nodo territoriale più difficile da sciogliere quando si parla dei confini del futuro Stato di Palestina. La questione potrebbe diventare il motivo del possibile naufragio delle trattative, nonostante l’ottimismo di facciata di Kerry: a suo dire un accordo israelo-palestinese non è una «Mission Impossible».

Israele da quasi 40 anni, dalla formulazione del “Piano Allon” e della “Opzione Giordana”, ha mire ben precise sulla Valle del Giordano che in buona parte ricade nel territorio palestinese occupato. Nel corso degli anni i governi di centrosinistra e di destra hanno indicato che Israele, in qualsiasi accordo di pace, conserverà il controllo di tutta la frontiera con la Giordania, almeno per un certo numero di anni. Ma mai come in questi ultimi giorni la destra guidata dal premier Netanyahu è apparsa tanto impegnata in una campagna, anche alla Knesset, per fare della fertile striscia di terra bagnata dal fiume Giordano «il confine orientale di Israele». A dare fuoco alle polveri è stato un articolo pubblicato nelle scorse settimane dal quotidiano di Tel Aviv Yediot Ahronot, nel quale si faceva riferimento al piano di sicurezza che gli Stati Uniti avrebbero presentato a israeliani e palestinesi. Pur prevedendo il dispiegamento di truppe israeliane lungo il confine e al terminal di frontiera tra Stato di Palestina e Giordania – ipotesi categoricamente respinta dall’Anp di Abu Mazen – la proposta americana includerebbe anche l’evacuazione delle colonie ebraiche costruite (in violazione della legge internazionale) in quella zona.

L’artiglieria pesante israeliana è subito entrata in azione. Prima con la bozza di legge approvata da una commissione della Knesset che prevede l’annessione di una ventina colonie israeliane sparse per la Valle del Giordano (una importante agenzia di stampa italiana le definisce “villaggi agricoli”). Poi con l’iniziativa del ministro degli interni Gideon Saar, un dirigente del partito Likud, che ha posto la “prima pietra” di nuove case nella colonia di Ghitit, poche ore prima del ritorno a Gerusalemme di John Kerry. Accompagnato da una quindicina di deputati, Saar ha dichiarato che «senza la Valle del Giordano Israele sarebbe privato della profondità strategica» e che le colonie ebraiche in quella zona sono essenziali per le attività dell’Esercito (nessuno lo dubitava).

Immediata la reazione dei palestinesi che hanno chiarito a più riprese che la Valle del Giordano dovrà rappresentare il confine orientale dello Stato di Palestina. L’annessione di quel territorio a Israele metterebbe fine al negoziato, ha avvertito il negoziatore Saeb Erekat e spingerebbe i palestinesi a chiedere il riconoscimento internazionale della Palestina, come ”Stato sotto occupazione”, entro le linee antecedenti la guerra del 1967, con Gerusalemme est per capitale. Il governo palestinese si è poi riunito in un villaggio nella Valle del Giordano per ribadire la propria determinazione.

E Kerry? E’ riuscito soltanto ad aggravare la rabbia dei palestinesi proponendo la costruzione di una “possente” barriera di sicurezza lungo il Giordano, allo scopo di assecondare le richieste di «sicurezza» di Netanyahu. Israele secondo il segretario di stato verrebbe autorizzato anche in futuro a pattugliare il confine fra la Cisgiordania e la Giordania: nei primi anni da solo, in seguito assieme a forze palestinesi. I droni israeliani inoltre potranno sorvolare liberamente la Cisgiordania. Kerry ieri ha incontrato per la seconda volta in due giorni Netanyahu e in serata era atteso a Ramallah da Abu Mazen. Oggi avrà nuovi colloqui con le due parti.