La commissione tecnica nominata dalla ministra Cartabia per provare a uscire dal ginepraio della riforma del processo penale aspettava gli emendamenti dei partiti di maggioranza per leggervi un segnale politico su quale direzione prendere. Ieri con la chiusura dei termini (più volte rinviati) e il deposito di ben 718 emendamenti in commissione alla camera – l’80% del centrodestra (contando anche i 96 di Fratelli d’Italia, forza di opposizione) e il 20% di 5 Stelle, Pd e Leu – quel segnale è arrivato. Ed è un annuncio di battaglia interna alla maggioranza, visto che praticamente tutti i temi si tira in direzione opposta.

A cominciare dal nodo della prescrizione, istituto praticamente cancellato dal governo gialloverde, rattoppato da quello giallorosso e in attesa di una soluzione definitiva. Forza Italia e Cambiamo +Europa propongono di cancellare del tutto la riforma voluta da Bonafede nella cosiddetta spazzacorrotti. Iv concorda, ma i renziani avanzano anche la proposta più blanda di una sospensione di un anno. Per il Pd sarebbe invece il caso di cambiare completamente prospettiva e introdurre la prescrizione processuale, in modo da allontanare il rischio di impunità ma anche quello di avere processi eterni. A tutto questo i 5 Stelle reagiscono con un salto all’indietro, provando a cancellare anche l’accordo stretto con Pd e Leu e passato alla cronaca come “lodo Conte bis” per recuperare l’originale nettezza di Bonafede. Un chiaro tentativo di alzare la posta in vista di una mediazione che si annuncia assai difficile.

Lunedì prossimo la ministra Cartabia riunirà attorno al tavolo del ministero i capigruppo delle commissioni giustizia che per la prima volta, dopo settimane di contatti solo informali, avranno modo di confrontarsi con le proposte alle quali ha lavorato la commissione tecnica, presieduta dall’ex presidente della Corte costituzionale Lattanzi affiancato dall’ex primo presidente della Cassazione Lupo e dal consigliere della ministra Gatta e composta da quattro magistrati, quattro avvocati e quattro accademici. La strada per arriva a emendamenti condivisi di maggioranza, o del governo, è in salita, almeno sulla prescrizione. Meno difficile lavorare a intese sul fronte dell’incentivazione dei riti alternativi al processo, idea contenuta in tutti i pacchetti emendativi anche se con soluzioni diverse. Spazio anche a mediazioni per una possibile forte limitazione dell’appellabilità delle sentenze di assoluzione, ma si parte da estremi opposti. Forza Italia vuole reintrodurre il divieto secco di appellabilità per le sentenze di assoluzione, cioè la legge Pecorella del 2006 successivamente bocciata dalla Corte costituzionale (con sente però assai discusse). I 5 Stelle voglio invece abrogare un caposaldo dell’ordinamento che è il divieto di riforma in peggio della sentenza di primo grado, quando a impugnarla è solo l’imputato.

La ministra Cartabia ha fatto inserire nel Pnrr la previsione che questa riforma, una legge delega ai nastri di partenza ma indispensabile per abbreviare i tempi dei processi, sarà approvata dal parlamento entro la fine dell’anno. Vedremo.