Non è proprio uno strappo ma neppure un atto di ordinaria amministrazione e propaganda spiccia. La Lega non vota il decreto sulle riaperture, nonostante questo riprenda con variazioni minime l’accordo raggiunto la settimana scorsa in cabina di regia soprattutto con la Lega stessa. Posizioni inconciliabili in particolare sul coprifuoco, che il partito di Salvini pretendeva fosse posticipato di un’ora, sino alle 23, ma anche sulla decisione di rinviare sino al primo giugno l’apertura delle sale al chiuso dei ristoranti. «Non potevamo votare un dl che continua a imporre coprifuoco, chiusure e limitazioni. La Lega chiede di dare più fiducia agli italiani», spiega Salvini e prosegue sostenendo che Draghi si sarebbe impegnato a varare un nuovo decreto aperture tra 15 giorni, se lo stato della pandemia lo consentirà: «Quello saremo i primi a votarlo».

CON DRAGHI LA TENSIONE si è impennata ieri per la prima volta. Tanto che a rottura consumata filtrano voci di un premier francamente irritato e molto duro con i leghisti nel corso della riunione in cui si era tentato invano di evitare lo scontro, prima che iniziasse il consiglio dei ministri: «Queste decisioni le abbiamo prese insieme in cabina di regia. Francamente fatico a comprendere». Il martellamento era iniziato di mattina, con un sms tassativo inviato da Salvini a Draghi: «Sono pronto a non votare il decreto se il coprifuoco non sarà spostato». Il leghista sa di non essere solo. Premono nella stessa direzione i presidenti di Regione, anche se non tutti: Zingaretti infatti non si unisce al coro, mentre il presidente della conferenza Fedriga, ma anche il suo predecessore Bonaccini, Pd, concordano in pieno con il leader della Lega. Si schierano a favore dell’accorciamento del coprifuoco anche Fi, con impeto ben diverso da quello leghista, e Iv. Dall’altra parte fa muro la ex maggioranza di Conte, stretta intorno al ministro della Salute Speranza.

A decidere, nella tesa riunione prima del cdm, era stato però Draghi. A quel punto la riunione del governo diventa quasi una rapida formalità. Fi e Iv votano comunque. La Lega no e non lo farà neppure in aula, rendendo così molto più clamorosa e profonda la lacerazione. FdI si frega le mani, al punto che il capogruppo Lollobrigida ringrazia in aula la Lega per non aver votato il decreto. Ringraziamenti a dir poco pelosi: il fratello d’Italia sa bene che, almeno in buona parte, l’irrigidimento di Salvini è dovuto proprio alla necessità di non lasciare al suo partito la rappresentanza piena degli scontenti. Che non sono pochi perché lo spostamento del coprifuoco, previsto al momento per il primo giugno ma non è affatto detto che non venga alla fine anticipato, è considerato dai ristoratori esigenza primaria.

I TRE PARTITI della ex maggioranza Conte letteralmente esplodono in una raffica di accuse durissime rivolte al leghista e al tener continuamente sotto stress il governo. Sia il Nazareno che la capogruppo di LeU De Petris sottolineano la «mancanza di serietà» di Salvini, i 5S chiamano direttamente in causa il precedente della sfiducia al governo gialloverde di Conte, il Pd martella: «Irresponsabilità». Ma anche il commento di Draghi sarebbe stato severo: «È una cosa grave».

L’INCIDENTE NON È ancora fatale. Draghi e Salvini ieri si sono sentiti a più riprese sino a individuare una possibile ricucitura, almeno secondo la versione della Lega, in un nuovo dl a maggio, che permetterebbe a Salvini il rientro. Se la pandemia lo permetterà, l’incidente sarà superato. In caso contrario si arriverà alla rottura in aula e quella sarebbe una ferita difficilmente rimarginabile. In ogni caso la Lega resta orientata a non votare la mozione di sfiducia contro Speranza, mercoledì prossimo. Anche perché quello sarebbe un passo senza ritorno.

IN REALTÀ I POCHI cambiamenti nel decreto rispetto all’accordo precedente vanno tutti nella direzione invocata dai leghisti. La riapertura delle fiere è stata anticipata di due settimane, dal primo luglio al 15 giugno, risultato che si intestano sia Giorgetti che Di Maio. Le lezioni in presenza sono state portate a una percentuale variabile tra il 50 e il 70% nelle zone rosse e tra il 70% (invece che dal 60% come previsto alla vigilia) e il 100% in quelle gialle e arancioni. Eventi sportivi «di particolare rilevanza» potranno svolgersi anche prima del primo giugno. Il numero di visitatori consentiti nelle case passa da 2 a 4. La Lega, incalzata dalla concorrenza di FdI ma anche dalla insoddisfazione della sua base, non si è accontentata.