Da una parte il nuovo «asse Berlino-Vienna-Roma» contro i «clandestini» annunciato dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, dall’altra la clamorosa spaccatura dell’Union democristiana, schiacciata tra i respingimenti alla frontiera pretesi dalla Csu e la «soluzione europea» immaginata da Angela Merkel. Ieri, prima di tutto, la cancelliera ha provato a spegnere l’incendio diplomatico tra il governo italiano e francese. «L’Italia è particolarmente esposta a un grande numero di profughi, per questo la sosteniamo ritenendola un importante partner nella ricerca di una soluzione comune».

MENTRE SULLO SFONDO, ma non troppo, correvano gli eventi che condizionano davvero il dibattito sui rifugiati fuori e dentro il confine tedesco: dalle elezioni autunnali in Baviera allo scandalo dei 25 mila «permessi facili» rilasciati dall’Ufficio-migranti di Brema, fino al recente omicidio di una 14enne tedesca per mano di un rifugiato iracheno poi fuggito oltre confine. Tutto in attesa della seduta del Consiglio europeo fissato a Bruxelles il 28 giugno, con l’emergenza-migranti al primo punto dell’ordine del giorno.

«I ministri dell’Interno di Germania, Austria e Italia sono pronti a formare un asse contro l’immigrazione irregolare» scandisce Kurz subito dopo l’incontro a Berlino con il ministro dell’Interno Horst Seehofer. Nasce così ufficialmente il blocco italo-tedesco che dovrà far sentire il suo peso nell’Europa poco propensa all’ascolto, anche se la discordia sui profughi rimane soprattutto una questione «pangermanica».

È UN PUNTO PRECISO del Master-Plan sull’immigrazione stilato dalla Csu a sgretolare il fronte cristiano-democratico nella Groko di governo. Il giro di vite sui richiedenti-asilo previsto nel «contratto di coalizione» gode del placet della cancelliera, ma c’è una voce su cui Merkel, almeno formalmente, non transige. Tra le 63 misure che Seehofer avrebbe voluto presentare già martedì, spicca il respingimento alla frontiera per chi ha già avuto la richiesta di asilo rifiutata in Germania, insieme al blocco dei rifugiati con le carte in regola ma i timbri di un altro Stato Ue.

Due «dettagli» anticipati da Bild largamente inaccettabili per la cancelliera: dopo un breve confronto con Seehofer, nelle vesti di capo politico dell’alleanza, ha imposto il congelamento della pubblicazione del suo Master-Plan.

POLITICAMENTE, LO STOP di «Mutti» apre la prima crisi del suo quarto governo, dopo soli 84 giorni dalla sua formazione. Ma la forzatura di Seehofer segnala anche che la campagna elettorale per il voto in Baviera del 14 ottobre non solo è partita ma si sviluppa nel prevedibile gioco di sponda tra Berlino e Monaco.

«I respingimenti erano previsti nell’accordo di governo. Non c’è alcuna spaccatura con Merkel: il nostro disaccordo si riduce a un singolo punto del piano» riassume Seehofer respingendo le accuse di volere colare a picco l’Union.

DA MONACO, PERÒ, il segnale arriva forte e chiaro: «Il Master-Plan sarà la vera svolta nella politica sull’asilo» fa eco il governatore bavarese Markus Söder (Csu) impegnato nell’azzerare i residui margini di manovra della cancelliera. A partire dagli «Ankerzenter», i «centri di ancoraggio» per l’identificazione ed espulsione dei migranti sanciti nel contratto tra Cdu e Spd, finora accettati solo da Baviera e Sassonia. «Sia chiaro: se dovessero funzionare solo da noi, il respingimento dei migranti al confine sarà l’unica soluzione» avverte il premier Csu.

DA MESI SÖDER PROGETTA la riforma del diritto di asilo, mentre chiede a Berlino di far applicare in modo stringente il trattato di Dublino che impone agli Stati Ue di respingere gli «irregolari» ai propri confini. Ma il vero orizzonte dei cristiano-sociali è il rinnovo del Parlamento bavarese fra cinque mesi. Reduce dal tonfo alle urne federali dello scorso 24 settembre, la Csu non intende cedere ulteriori elettori ad Alternative für Deutschland né subire la campagna elettorale incardinata sulla chiusura della frontiera Sud.

Da Monaco a Norimberga, fino all’ultimo comune delle valli alpine, il pericolo numero uno della Csu continua a chiamarsi Afd e a raccogliere il consenso del 13% dei bavaresi, come registra il sondaggio Forsa di inizio giugno. Da qui la legge regionale sul crocefisso obbligatorio negli edifici pubblici firmata da Söder in nome dell’«identità bavarese», una norma talmente smaccata da provocare la netta presa di distanza dell’arcivescovo di Monaco, tra i cardinali del Consiglio dei Nove di papa Bergoglio.

MA OLTRE AL «NEIN» DI MERKEL, il freno al Master-Plan Csu si deve alla ferma opposizione della Spd. Sul punto il vice-cancelliere Olof Scholz riflette così l’appoggio a Angela Merkel dei socialisti: «Ogni politica di asilo del governo deve rispettare la libera circolazione nell’Ue». Stessa linea per il ministro dell’Interno della Bassa Sassonia, Boris Pistorius, che diffida Seehofer dall’assumere «decisioni unilaterali senza consultarsi con il resto dell’Europa».

Ciò nonostante, i socialisti non hanno alcuna intenzione di togliere le castagne dal fuoco alla cancelliera. La Spd non ha digerito il suo silenzio sullo scandalo dei permessi di soggiorno concessi (anche in cambio di mazzette) a Brema: dal 20 aprile il nuovo cavallo di battaglia di Afd tra i banchi del Bundestag. Secondo Der Spiegel dal 2000 in poi la Città-Stato avrebbe dato asilo a migliaia di soggetti a rischio, estremisti islamici compresi.

A alimentare la polemica l’efferato omicidio di Susanna Feldmann, 14 anni, di Magonza, violentata dal profugo iracheno Ali B., 20 anni, legalmente residente in Germania al momento del crimine. Lo hanno catturato in Iraq dove ora attende l’ estradizione, ma il suo processo servirà soprattutto a far condannare la «Wilkommen-politik» di Angela Merkel.