Lega e Cinque Stelle ieri erano in pressing per ottenere decine di miliardi e finanziare un decreto di scostamento di bilancio rinviato alla prossima settimana, prima dell’inizio delle procedure per l’elezione del nuovo presidente della repubblica che potrebbe segnare la fine del governo Draghi e l’avvio del quarto esecutivo di questa legislatura. Salvini ieri in conferenza stampa ha richiesto «30 miliardi» per coprire il totale stimato dell’aumento delle bollette di gas e elettricità. Giorgetti, che per il momento fa il ministro dello sviluppo, ha voluto ricordare «che grazie a una mia trovata che permette l’equilibrio di bilancio e non il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione, sono state rese possibili già 9 o 10 manovre di scostamento. Io penso che lo scostamento si debba fare e che prima si fa meglio è». In concorrenza per intestarsi l’ultimo dividendo prima dell’avvio alle danze di palazzo, i grillini sono partiti al contrattacco.

Conte si è presentato come quello che può permettersi di dare ultimatum. «Il tempo di attesa per aiuti economici massicci a famiglie e imprese è scaduto – ha scandito dai social – I rincari della bollette pesano. Cosa aspettiamo? Si vada subito in Cdm per i ristori: non basteranno pannicelli caldi e cifre modeste, va alzata l’asticella e il M5s è pronto a sostenere un nuovo scostamento di bilancio». Quattro le proposte dei Cinque Stelle: «puntiamo all’azzeramento dell’Iva sugli aumenti rispetto ai prezzi medi dello scorso anno, chiediamo la possibilità di una rateizzazione delle bollette senza l’inserimento di nuovi oneri per chi è già in difficoltà e, infine, proponiamo l’istituzione di un fondo di garanzia per gli accordi di fornitura dell’energia elettrica a lungo termine che permettano così alle aziende di pianificare il futuro evitando l’esposizione ad un mercato energetico estremamente incerto e oscillante» ha detto Rossella Accoto, sottosegretaria al Lavoro e alle Politiche Sociali.

Quella degli ex alleati pentaleghisti nel «Conte 1» è una reazione alle intenzioni trapelate dal ministero dell’Economia di limitare a uno-due miliardi un nuovo “decreto sostegni”, “ter” sarà chiamato. Non è nemmeno chiaro a copertura di cosa, per il momento. E di quali categorie di “ristorati”: turismo, discoteche costrette alle chiusure fino al 31 gennaio, notte di Capodanno compresa, sport o cultura. Si è passati dai bonus a pioggia indiscriminati, e senza alcun progetto, allo sgocciolamento di emergenza in emergenza. È l’esito di una decisione di fondo presa sulla base di un’illusione: con l’avvento del governo Draghi, ora al tramonto, la pandemia e i suoi effetti sulla domanda e l’offerta dell’economia sarebbero cessati e tutto sarebbe ricominciato in un tripudio di «crescita». In previsione il governo ha ristretto i cordoni della borsa simulando il ritorno a una «normalità». E invece si è ripresentato il problema di trovare la maggiore quantità possibile di risorse in deficit. Più volte Draghi nelle settimane scorse ha evocato una tassazione dei profitti realizzati dalle imprese che hanno guadagnato in queste due anni. Sul tema ieri è tornato Giorgetti il quale ha sostenuto che è «opinione condivisa all’interno del governo che gli extra profitti di coloro chi in relazione a questa situazione del tutto particolare stanno registrando debbano in qualche modo, non dico sanzionate, ma contribuire alla fiscalità generale per permettere di intervenire nei confronti delle categorie più svantaggiate. Le modalità le sta studiando il ministero dell’Economia e delle Finanze ma credo che si andrà in questa direzione».

L’ipotesi di «raffreddare» l’aumento delle bollette “ con un miliardo di euro o poco più” è stata respinta ieri anche dai deputati Cinque Stelle delle commissioni Bilancio e Finanze della Camera per i quali «è saggio utilizzare i risparmi di spese già programmate, ma si tratta di risorse largamente insufficienti. L’intervento per le imprese e le bollette deve essere imponente, così da consentire al Paese di consolidare l’uscita dalla recessione del 2020 e resistere in caso di ulteriori shock esterni».

La strettoia in cui si trovano tutti, partiti e governo, nella corsa verso il Quirinale è che il provvedimento prospettato in queste ore è complesso, richiede “un passaggio parlamentare», visto che lo scostamento deve avere l’ok delle Camere «e questo implica un coordinamento con le elezioni del Presidente della Repubblica» ha ammesso Giorgetti.