Nuova giornata di promesse da parte di Matteo Renzi, ieri a Bergamo, ma intanto sono saliti al massimo i toni della contestazione: quella dei fiommini, che hanno seguito il presidente del consiglio lungo il suo tour nelle fabbriche, e quella di Susanna Camusso, da Roma, che diventa ogni giorno più critica. «Il governo assume la piattaforma di Confindustria – ha detto la segretaria della Cgil – Non ha idea di dove portare il paese».

Il premier si trovava nella città lombarda proprio su invito della Confindustria. Per intervenire nel corso dell’assemblea degli industriali (Bergamo è una delle roccaforti) alla Persico di Nembro, e poi spostarsi alla Tenaris Dalmine. Dentro sono volati i numeri, e fuori gli insulti.

Renzi ha snocciolato – come fa nei suoi momenti più ispirati – una serie di voci miliardarie, tutte relative alla legge di stabilità: dove siano le coperture, resta sempre un mistero. La manovra sarà di ben «30 miliardi», «senza un centesimo di aumento delle tasse».

Ben 18 saranno i miliardi di taglio delle tasse, secondo il premier, e andranno in diverse direzioni, dagli 80 euro a un beneficio per le imprese, con il taglio dell’Irap: «Dieci miliardi andranno a finanziare in modo stabile il bonus degli 80 euro – ha spiegato Renzi – Mezzo miliardo in detrazioni fiscali per le famiglie, e il resto andrà in due misure: incentivi che permetteranno per un triennio di non pagare contributi per chi fa assunzioni a tempo indeterminato» e il resto per la riduzione dell’Irap «che è una tassa che manda fuori di testa per la sua componente lavoro». A quest’ultima voce, sarebbero destinati, aggiunge il capo del governo, «6,5 miliardi».

Un piano ambizioso, a cui però gli operai della Fiom non sembrano credere. Più preoccupati dal taglio sostanzioso di diritti previsto nel Jobs Act. Al presidio erano presenti anche bandiere del Prc, e il tema caldo delle proteste è stato ovviamente l’articolo 18.

Le contestazioni sono state pesanti, a tratti anche verbalmente violente: «buffone», «mafioso», «sei su senza voti», «ammazzati» e «devi morire», hanno registrato le agenzie presenti davanti alla Tenaris Dalmine. Gli animi sono evidentemente esasperati dalla crisi e dai licenziamenti, e qualcuno esagera.

Da Roma, dove è intervenuta all’attivo della Cgil laziale, Susanna Camusso ha ribadito le ragioni della manifestazione del 25 ottobre, rilanciando lo sciopero generale. Gelido e sarcastico il commento di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, anche lui presente a Bergamo con Renzi: «Beata lei», ha detto.

«Dopo la manifestazione del 25 ottobre» e le altre iniziative «dobbiamo continuare la mobilitazione» e «anche lo sciopero generale è una delle cose che metteremo in campo, ma nessuno pensi che sia tutto», ha detto Camusso. «Quando arriveremo allo sciopero generale – ha aggiunto – che sia davvero lo sciopero generale del Paese».

Al mutamento di linguaggio di Camusso è da ascrivere un’altra frase, che denota come la Cgil ormai si senta all’opposizione (terreno su cui finora non si era mai spinta): la manifestazione del 25 ottobre «è la prima iniziativa di contrasto vero a questo governo», ha spiegato. D’altronde, «il cambiare verso è diventato il continuare come prima. Perché questo governo è solo la replica dei 4 governi precedenti. Promesse, annunci… di tutto questo non c’è più traccia».

«Il 25 ottobre non c’è solo l’articolo 18 e le altre modifiche allo Statuto», ma l’idea che bisogna partire «dalla creazione di lavoro», ha aggiunto poi Camusso, riferendosi evidentemente alle contro-proposte che il sindacato da tempo porta all’attenzione della politica, senza fortuna: snobbate da Berlusconi, bypassate anche da Monti e da Letta, e oggi del tutto ignorate da Renzi.

Poi un accenno alla patrimoniale: «L’Italia è l’unico paese nella Ue che ha la tassa di successione più bassa e nessuna patrimoniale», ha detto Camusso, elencando le tre proposte Cgil al governo: eliminazione del tetto dell’età pensionabile; finanziamento dei contratti di solidarietà; eliminazione della decontribuzione degli straordinari. Infine, un invito a Cisl e Uil: «La nostra forza sarà quando anche loro saranno in piazza».