«Con M5s voglio essere sfidante e non conciliante». A margine del lancio di «Art.1» già Movimento democratico e progressista, le telecamere sono tutte per Pier Luigi Bersani. L’ex segretario deve aggiustare il tiro sulle sue frasi riportate dal Corriere della sera («M5S è un argine al populismo e alla destra, sono centristi arrabbiati») che per tutto i giorno hanno fatto sghignazzare gli ex compagni del Pd. Lo accusano di aver dimenticato i drammatici giorni del 2013 in cui i grillini hanno negato proprio al suo governo di nascere. Il vicesegretario Lorenzo Guerini definisce «confusa» la strategia di Bersani, Andrea Marcucci motteggia, «cerca il dialogo con M5s sui vaccini o sull’alleanza con Putin?», Francesca Puglisi è definitiva: «Mdp oggi ha chiarito chi sia il suo principale avversario politico. È Renzi, non certo la destra xenofoba».

BERSANI NON RITIRA LE SUE parole. Ma le spiega: «Sento in giro l’idea di una Union Sacrée contro i populisti: è una cosa demenziale perché così gli tiri la volata». L’ex segretario annusa aria della vittoria di Renzi alle primarie. E quella di nuovi patti con Forza italia: a partire dall’accordo di ferro per non cambiare i capilista bloccati nella legge elettorale, per finire a un accordo di governo post-voto. «Io voglio fare il centrosinistra largo, alternativo alla destra e sfidante di M5s», insiste Bersani. Quindi nessun ammiccamento a Grillo, «ma dobbiamo chiarire che non voglio fare inciuci con Berlusconi, non perché lo odio, ma per non tirare la volata a M5S. Poi facciamo un po’ di fantascienza: non ci sono i numeri e le condizioni, ma M5s vuol governare? Ci dicano su che programma».

NEL PARTITO DEMOPROGRESSIsta, nel giorno del battesimo della nuova creatura politica, è ancora la Vecchia Guardia a fare notizia. L’ex segretario Pd fa il giro della sala per stringere mani. Ma alle sue parole replica Massimo D’Alema: con i 5 Stelle o con il Pd di Renzi? «Meglio da soli». È fatale che i due leader rubino la scena ai giovani deputati che pure si schierano al loro fianco in prima fila. Roberto Speranza cerca di stare alla larga dall’oggetto del contendere: «È prematuro parlare di alleanze, ora ci occupiamo del progetto politico per l’Italia». In realtà se ne parlerà già martedì prossimo alla riunione dei gruppi parlamentari. La linea di Bersani non convince tutti. «Io non ci sono ma fate liberamente», si schermisce D’Alema quando il capogruppo alla Camera Francesco Laforgia gli comunica l’ora e il luogo dell’appuntamento.

AL TEMPIO DI ADRIANO di Roma, a due passi dalla camera, il battesimo di Art.1 (nel senso della Costituzione: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro») prevede la presentazione del nuovo simbolo. È arrivato un mese dopo la scissione, «È la prova che non era preparata», spiegano. La cerimonia prevede due lezioni sulla Costituzione non realizzata: parlano il professore Mario Dogliani e l’avvocata Anna Falcone. Poi finalmente cala il drappo verde e si scopre il logo realizzato dallo studio «Intorno Design». C’è scritto «Articolo Uno» in verde e rosso, i coloro della Repubblica, la ’U’ di «uno» e ricorda quella dell’Unità.
È UN PO’ UN RITO DI FAMIGLIA ex Pci-Pds-Ds-Pd: ci sono Enrico Rossi, Vincenzo Visco, Michele Ventura, Pietro Folena, Antonio Bargone, Paolo Palma, Michele Giardiello, Peppino Caldarola, Oriano Giovannelli, i parlamentari da Gotor a D’Attorre a Roberta Agostini. Sparsi per la sala ci sono gli ex Sel (Bordo, Quaranta, Piras, Ferrara, Ricciatti, Nicchi, l’ex capogruppo Scotto presenta l’iniziativa da palco). Fra le due anime c’è qualche diversa sfumatura di rosso: i demoprogressisti ex vendoliani aderiscono anche al Campo progressista di Giuliano Pisapia. E mettono in guardia dal rischio di fare «il partitino». «Che poi partitino non è, l’Ipr ci dà al 6 per cento», sottolinea l’ex pd Nico Stumpo, uomo di numeri e organizzazione. «Pisapia ha ragione, e noi infatti ogni volta che parla gli diamo ragione», minimizza un suo collega. Infatti l’ex sindaco di Milano è stato invitato a Napoli il primo aprile, all’assemblea di Art.1.
È ancora D’Alema cercare di mettere d’accordo tutti. Lo fa pronunciando un ricordo di Alfredo Reichlin, storico intellettuale comunista scomparso la notte scorsa, «uno degli ultimi patriarchi della sinistra, di tutta la sinistra». «A noi, usciti dal Pd», dice, «ha rivolto l’invito a difendere le nostre ragioni con spirito inclusivo e con intento ricostruttivo».