Il presidente Massoud Barzani non sembra intenzionato a cedere: a una settimana dal referendum sull’indipendenza del Kurdistan iracheno, con le potenze regionali sul piede (diplomatico) di guerra, a sorpresa ieri ha fatto visita alla città che più di altre simboleggia lo scontro con il governo centrale iracheno.

È andato a Kirkuk (contesa, dopo la cacciata dell’Isis, da Erbil e Baghdad) e ha incontrato il governatore Najmuldin Karim, lo stesso che nei giorni scorsi ha stracciato la mozione del parlamento iracheno che chiedeva la sua rimozione.

A sette giorni dal voto il clima è ovattato, il conflitto in stallo. Dopo la sospensione di tutti i voli da e per il Kurdistan iracheno, le minacce di Turchia e Iran di un embargo economico non sono state messe in pratica, facendo pensare che molto si stia muovendo dietro le quinte.

Di certo si sa che Erbil ha annunciato la creazione di una commissione che negozi i termini dell’indipendenza con Baghdad, per ricevere in cambio l’ennesimo secco «no»: l’ufficio del premier iracheno al Abadi ha detto ieri che nessun dialogo sullo status della regione kurda sarà avviato se prima Barzani non cancellerà il risultato del referendum (il 92,7% di sì).

Un botta e risposta a cui fanno eco le manovre militari al confine: dopo quelle con la Turchia, l’Iraq ha lanciato ieri esercitazioni congiunte con l’esercito iraniano, vicino alla frontiera con il Kurdistan iracheno.